La voce degli Ainu 3. Intervista all’artigiano Takano Shigehiro
Sabrina Battipaglia – esperta della cultura Ainu – ha intervistato Takano Shigehiro, un abile artigiano giapponese del legno che ha deciso di vivere nel villaggio Ainu di Nibutani a Biratori.
1 – Perché un giapponese come lei ha deciso di vivere in Hokkaidō e soprattutto lavorare in un villaggio Ainu?
Dopo essermi diplomato al liceo tecnico di Tōkyō, ho lavorato per quattro anni nel supporto tecnico come ingegnere, presso il negozio di elettronica di famiglia. Successivamente, dall’età di 22 anni, ho iniziato ad imparare l’arte dell’intaglio del legno trasferendomi nel villaggio Ainu Nibutani Kotan a Biratori. In realtà tutto è accaduto per caso e risale a quando durante un mio viaggio in autostop attraverso l’Hokkaidō, finii i soldi proprio a Nibutani. In quel momento, mi misi alla ricerca di un lavoro part-time, ed ebbi la fortuna di lavorare nell’atelier del grande maestro artigiano Kaizawa Mingei. Successivamente, decisi di trasferirmi per due motivi principali, sia per l’ambiente naturale che circonda il villaggio e sia per il calore delle persone che vi abitano. In fin dei conti, vivere in un villaggio Ainu non è così diverso da un normale villaggio giapponese.
2 – Da quando lavora al Nibutani Kotan? Può descrivere una giornata tipo al villaggio?
Lavoro in questo villaggio precisamente dal mese di settembre del 1972, e attualmente sono artigiano freelance presso “Ureshipa” (Biratori Town Ainu Traditional Crafts Museum). La mia giornata tipo è una giornata lavorativa contrassegnata da orari che vanno dalle ore 8.00 del mattino, con pausa pranzo dalle 12.00 fino alle 13.00 in cui ritorno a casa e poi di nuovo dalle 13:00 alle 17:00. In pratica, trascorro tutto il giorno a scolpire oggetti in legno. Questa è la mia vita.
3 – Cosa pensa degli altri villaggi Akan kotan e Upopoy?
L’Akan kotan a Kushiro è un villaggio realizzato per invogliare i turisti a visitare la città, perché offre tante attrattive che vanno anche al di là del solo discorso Ainu. L’Upopoy invece, è il primo Museo Nazionale e prima struttura dedicata interamente alla cultura Ainu. In entrambi i casi risulta importante la diffusione della cultura Ainu sia a livello nazionale che internazionale, in questo senso, credo che il loro appello alla cultura indigena possa essere visto solo in maniera positiva. Inoltre, attualmente in soccorso ci viene la tecnologia che permette di avvicinare in maniera ancora più rapida i turisti alla cultura Ainu.
4 – Molti studiosi affermano che i prodotti di artigianato che si vendono nei villaggi sono oggetti “finti”, ossia non appartengono alla tradizione degli Ainu. Cosa pensa a riguardo?
Purtroppo devo dire che tutto il discorso sul turismo Ainu, porta con sé un’immagine non nitida con delle zone d’ombra. Ciò deriva dal fatto che si è troppo intrappolati nel passato, in quella visione del tradizionale di anni addietro e non si osserva invece il presente. Sarebbe auspicabile che le persone ne sapessero di più rispetto alla situazione attuale, per comprendere il fatto che essa altro non è che il frutto della tradizione passata, che si è trasformata in base ai tempi e agli eventi. Poi alla domanda se gli oggetti di artigianato attuali siano o meno “autentici”, anche se non si fa, rispondo con un’altra domanda. Credete che gli iPhone “made in China” siano falsi?
5 – Quando al villaggio viene scambiato per un Ainu, le dà fastidio? Cosa pensa della discriminazione?
Lavorando in un villaggio Ainu vengo sempre scambiato per un indigeno, ma questo non mi disturba affatto. Come potrebbe mai disturbarmi, visto che la cultura Ainu è all’origine del Giappone! Il sentimento che mi suscita è quello della nostalgia verso il passato, ma con una connotazione del tutto positiva, ed è un sentire che mi piace molto. Fingendo di essere Ainu, ascolto le conversazioni dei turisti che nei loro giri al villaggio, spesso parlano di discriminazione subita dagli Ainu in passato. Rispetto alla mia scelta di vita, se posso permettermi di dire qualcosa a riguardo, ciò che ho imparato è l’aver messo in discussione il mio modo di vivere. Reputo tutto ciò, essere un atto importante, di grande confronto.
6 – Per concludere, cosa consiglia a tutti noi vista la sua esperienza così singolare?
Negli anni ho visto passare nel villaggio tanti giovani che si sono avvicinati alla cultura Ainu per curiosità o reale interesse, partecipando ai workshop di intaglio o di ricamo per esempio. Alcuni di essi, hanno approfondito e tutt’ora approfondiscono la conoscenza della cultura indigena attraverso le arti carpendone di volta in volta i segreti, col fine di diventare essi stessi degli abili artigiani per poi a loro volta tramandare alle future generazioni le tecniche che hanno appreso. Questi giovani stanno riscoprendo finalmente le loro radici e ne stanno diventando persino orgogliosi. A mio avviso il loro percorso è un esempio da tenere a mente per tutti noi, per comprendere l’importanza delle proprie origini. Inoltre, il modo in cui noi possiamo sostenere gli Ainu è quello di visitare i loro villaggi per far si che l’interesse verso la loro cultura cresca. Per questo, vi invito a venire a trovarci presso il Nibutani Kotan a Biratori!
(Featured Image Source: foto di Takano Shigehiro)