Duterte: le origini
– Marta Barbieri –
Il 9 maggio i cittadini delle Filippine sono stati chiamati alle urne per le elezioni parlamentari e presidenziali. Poiché la Costituzione vieta al Presidente di candidarsi per un secondo mandato, è stato eletto anche il successore di Rodrigo Duterte alla guida del Paese.
Dopo aver abbandonato la carica, Duterte continuerà probabilmente a occupare una posizione di rilievo nelle Filippine, dove le cosiddette “dinastie politiche” sono notoriamente protagoniste: i risultati saranno resi ufficiali verso la fine del mese, ma a essere eletto al suo posto è stato il candidato che lui stesso aveva sostenuto, Ferdinand Marcos Jr., mentre la figlia di Duterte, Sara, ha ottenuto la vicepresidenza.
La nuova presidenza si insedierà a giugno. In vista della fine del suo mandato, cerchiamo di ripercorrere le tappe fondamentali del percorso di Rodrigo Duterte come uomo politico e di fornire un’introduzione al suo “personaggio” risalente ai suoi quasi trent’anni come sindaco della città di Davao, in seguito ai quali ottenne la presidenza dell’intero Paese.
Rodrigo Roa Duterte nasce il 28 marzo 1945 a Maasi; ancora bambino si trasferisce a Davao, dove il padre Vicente ricopre la carica di Governatore Provinciale. Dopo gli studi in scienze politiche e legge, inizia a lavorare per il procuratore della città di Davao nel 1977, e lascia il posto dopo l’elezione a vicesindaco nel 1986.
In quegli anni, la situazione di Davao (e, più in generale, dell’isola meridionale di Mindanao, in cui si trova la città) era critica: da decenni il punto focale delle insorgenze all’interno del Paese, aveva un gigantesco problema di violenza e di droga. Negli anni ’70 e ’80, Davao era soprannominata la “capitale degli omicidi” delle Filippine.[1]
Secondo il sociologo e attivista filippino Walden Bello, il “fenomeno Duterte” non può essere spiegato senza prendere in considerazione il fallimento della repubblica liberale che seguì la deposizione del dittatore Marcos nel 1986: le promesse di empowerment politico delle masse, di ridistribuzione delle risorse e del benessere, di giustizia sociale, non furono mantenute.[2] Anzi, in anni più recenti, la città di Davao ha vissuto una veloce espansione: è diventata un centro di investimenti, attirando un grande numero di “migranti economici” che però, quando non sono riusciti a inserirsi nella nuova realtà, sono finiti ad affollare gli slums in periferia.
In questa situazione Duterte, conosciuto per il suo temperamento sanguigno, per gli atteggiamenti e le dichiarazioni inappropriate, per le sue tendenze misogine, si fece però anche una reputazione come uomo del popolo che tiene fede alle proprie promesse: durante i suoi sette mandati come sindaco, tra il 1988 e il 2016, Davao iniziò a essere percepita come una delle città più sicure delle Filippine. Questo è sicuramente uno dei motivi che hanno portato Duterte a ottenere la fiducia della popolazione e, di conseguenza, la presidenza del Paese. L’aspetto più problematico della politica di Duterte è proprio legato alla questione della gestione della sicurezza nella città di Davao: in particolare, è legato a come vennero affrontati i problemi di droga e criminalità.
Nella seconda metà degli anni ’90, durante il secondo mandato da sindaco di Duterte, a Davao iniziarono a operare le cosiddette Squadre della Morte: gruppi paramilitari a cui era dato il compito di eliminare criminali e spacciatori e, pare, anche gli oppositori politici del sindaco e i giornalisti che criticavano il suo operato.[3] Le Squadre della Morte adottarono tecniche di guerriglia urbana: esecuzioni compiute per strada, per mano di uomini dal volto coperto a bordo di moto senza targa. Nel 1997, i media locali avevano già collegato a questi gruppi almeno 60 casi di omicidi rimasti irrisolti.[4]
Secondo i dati della Coalition Against Summary Executions (CASE), un gruppo per la difesa dei diritti umani con base a Davao, le cosiddette Squadre della Morte di Davao sarebbero responsabili di almeno 1400 omicidi avvenuti tra il 1998 e il 2015.[5] La posizione di Duterte nei confronti di queste Squadre è sempre stata estremamente controversa: a volte ha negato che esistessero, in diverse occasioni ha giustificato e legittimato il loro operato, altre volte ha sostenuto di esserne lui stesso membro e di aver personalmente partecipato a delle operazioni, salvo poi negare tutto dicendo che “stava scherzando.”
Dichiarazioni, anche rilasciate da ex-poliziotti, indicano che sarebbe effettivamente stato lo stesso Duterte a creare e organizzare queste Squadre come unità anti-crimine all’interno della polizia di Davao (per quanto, ovviamente, la polizia non fosse ufficialmente coinvolta).[6] Quel che è certo è che in diverse occasioni le vittime erano state avvertite dalla polizia di come il loro nome comparisse su una “lista” di criminali non graditi; in alcuni casi, inoltre, delle persone sarebbero state uccise dopo che Duterte aveva fatto pubblicamente il loro nome sulla TV locale, additandole come criminali.[7]
Lo scopo delle Squadre sarebbe quindi stato quello di liberare Davao dalla criminalità e dalla droga; nei fatti, però, le vittime di questa “guerra alla droga” furono, nella maggior parte dei casi, piccoli criminali, spacciatori e ragazzi di strada: i grandi nomi collegati al traffico della droga non furono presi di mira. In effetti, quella di “Davao come città particolarmente sicura” era una percezione, più che un fatto obiettivo. Le statistiche della polizia filippina relative agli anni tra il 2010 e il 2015 mostrano come Davao avesse ancora il più alto tasso di omicidi (anche a causa dell’alto numero di quelli commessi dalle Squadre della Morte), e il secondo più alto tasso di stupri dell’intero Paese. Semplicemente, la minaccia della droga è ormai talmente insita nella psiche della popolazione filippina che, sostiene il Guardian, si sta normalizzando l’omicidio di massa dei trafficanti e degli spacciatori. Per questo motivo, la considerazione di molti filippini nei confronti di Duterte resta alta: resiste la percezione che, grazie a lui, le strade siano diventate più sicure, e che le Filippine abbiano bisogno di qualcuno che le sappia guidare con pugno d’acciaio.[8]
In conclusione, quindi, come sindaco Duterte è riuscito a costruirsi una reputazione, diventata il fulcro della sua campagna elettorale in vista delle presidenziali del 2016, e che è rimasta intoccata anche durante il mandato da Presidente. Nonostante rischi di essere indagato dalla Corte Penale Internazionale per crimini contro l’umanità in relazione alla “Guerra contro le Droghe”, Duterte conserva il supporto di molti all’interno delle Filippine: è conosciuto come uomo forte, che tiene fede alla parola data, come l’uomo che ha combattuto la delinquenza delle strade e che ha avuto il coraggio di opporsi ai ricchi oligarchi del Paese.[9]
Note:
[1] “The ‘murder capital’ of the Philippines” in You can die any time – Death Squad Killings in Mindanao, Human Rights Watch, 6 aprile 2009, https://www.hrw.org/report/2009/04/06/you-can-die-any-time/death-squad-killings-mindanao
[2] The Spider Spins his Web: Rodrigo Duterte’s Ascent to Power, Walden Bello, Philippine Sociological Rewiev, vol.65 (2017) in https://www.jstor.org/stable/45014308
[3] Thousands dead: the Philippine president, the death squad allegations and a brutal drugs war, Kate Lamb, The Guardian, 2 aprile 2017 https://www.theguardian.com/world/2017/apr/02/philippines-president-duterte-drugs-war-death-squads
[4] Duterte vows to bring back hanging and kill criminals in the Philippines, The Guardian, 17 maggio 2016, https://www.theguardian.com/world/2016/may/16/duterte-vows-to-kill-criminals-and-reintroduce-hanging-in-philippines
[5] How a Secretive Police Squad racked up kills in Duterte’s Drug War, Baldwin, Claire e Marshall, Andrew R. C., Reuters, 19 dicember 2017, https://www.reuters.com/investigates/special-report/philippines-drugs-squad/
[6] Thousands dead: the Philippine president, the death squad allegations and a brutal drugs war, Kate Lamb, The Guardian, 2 aprile 2017 https://www.theguardian.com/world/2017/apr/02/philippines-president-duterte-drugs-war-death-squads
[7] You can die any time – Death Squad Killings in Mindanao, Human Rights Watch, 6 aprile 2009, https://www.hrw.org/report/2009/04/06/you-can-die-any-time/death-squad-killings-mindanao
[8] Thousands dead: the Philippine president, the death squad allegations and a brutal drugs war, Kate Lamb, The Guardian, 2 aprile 2017 https://www.theguardian.com/world/2017/apr/02/philippines-president-duterte-drugs-war-death-squads
[9] Philippines election: When is it and who is running for president?, Howard Johnson, BBC News, 7 febbraio 2022, https://www.bbc.com/news/world-asia-pacific-60089457
(Featured image source: Wikimedia commons)