Il Cyberbullismo e la sua diffusione in Asia
–Chiara Galvani e Federica Galvani–
Il cyberbullismo, secondo la definizione dell’UNICEF, è una forma di bullismo realizzato attraverso l’uso di tecnologie digitali. Può avvenire sui social media, piattaforme di messaggistica online, piattaforme di gioco online e telefoni cellulari. Si tratta di comportamenti reiterati che hanno lo scopo di spaventare, irritare o mettere in imbarazzo le vittime. Alcuni esempi di cyberbullismo sono:
- Inviare minacce o messaggi offensivi attraverso app di messaggistica (harrasment);
- Impersonare qualcuno e mandare messaggi cattivi ad altre persone fingendosi la vittima (impersonation).
- Diffondere bugie o postare foto imbarazzanti di qualcuno sui social media
(instagram e fb sono le app dove questo avviene più spesso); - Quando l’harassment diviene particolarmente insistente ed intimidatorio e la vittima comincia a temere per la propria sicurezza fisica, il comportamento offensivo assume la denominazione di cyber-persecuzione/ cyberstalking. [1]
Il cyberbullismo si è maggiormente diffuso da quando le tecnologie digitali sono diventate indispensabili nella vita di tutti i giorni.
L’accesso internet costituisce, infatti, la conditio sine qua non del cyberbullismo; non è un caso che i Paesi dove internet è meno diffuso abbiano meno casi di questo fenomeno.
“Alcune persone dicono che si dovrebbe semplicemente evitare di leggere i commenti online. I social media, però, sono diventati una parte essenziale delle nostre vite ed è estremamente difficile ignorarli” ha dichiarato Shiori Ito (giornalista e simbolo del movimento #metoo giapponese) durante una conferenza stampa.
Se da un lato lo sviluppo delle tecnologie digitali ha reso più facile le relazioni e la comunicazione a livello globale, dall’altro questo rapido sviluppo e l’uso sempre più diffuso di tecnologie internet-based possono avere un impatto negativo sul nostro stile di vita e le nostre relazioni all’interno della famiglia, della società e del luogo di lavoro. Secondo due studiosi della Banaras Hindu University [2] possono anche sorgere diversi problemi psicologici come la dipendenza da internet, l’isolamento sociale, la cyber-ansia, il cyber razzismo, il cyberbullismo, il cyber-porno e il cyber-suicidio, …
Negli ultimi anni il cyberbullismo sembra essere la forma di bullismo più diffusa soprattutto fra bambini e ragazzi. Le vittime, però, non sono solo giovani o giovanissimi ma anche adulti.
Il cyberbullismo, infatti, non discrimina e colpisce indistintamente: bambini, ragazzi, adulti in tutto il mondo, non conosce genere, razza, confini geografici, culturali o sociali e tutti possono diventarne vittime.
Secondo alcuni dati riguardanti i Paesi OCSE i soggetti di sesso maschile sembrano esercitare più spesso il bullismo nella sua forma “tradizionale” (aggressioni fisiche) mentre le femmine sono più coinvolte in casi di cyberbullismo sia come vittime sia come esecutrici (Dukes, Stein and Zane, 2010; Mishna et al., 2012; Smith, 2013 [3]).
Uno studio internazionale svolto dall’associazione Plan International ha mostrato che quasi il 60% delle ragazze ha sperimentato molestie sui canali social. Una su cinque ha deciso di abbandonare le piattaforme social dopo essere stata oggetto di insulti e violenze; alcune hanno addirittura dichiarato di essere state vittime fin da giovanissime (8-9 anni di età).
Da una recente ricerca americana è emerso che anche gli adulti sono coinvolti in questo fenomeno.
I giovani adulti (18-25 anni) sono quelli che sono stati più spesso vittime di cyberbullismo, che ha interessato comunque anche gruppi di età più avanzata: 26-35 anni (24%), 44-55 anni (13%), fino a 66+ (6,5%). Il cyberbullismo, ha un impatto particolarmente forte sulle vittime per alcune peculiarità che lo differenziano nettamente dal cosiddetto “bullismo tradizionale”:
- La persistenza: i dispositivi digitali danno la possibilità di comunicare con immediatezza e continuità, 24H/24. Per questo può essere difficile per le vittime trovare sollievo;
- La permanenza: la maggior parte delle informazioni comunicate elettronicamente sono permanenti e pubbliche se non denunciate e rimosse. Una reputazione digitale negativa, non solo delle vittime ma anche dei responsabili, può ad esempio avere un impatto negativo sull’ammissione all’università, nell’ambito lavorativo o su altri aspetti dell’esistenza delle persone;
- La difficoltà di riconoscimento: il cyberbullismo può non essere notato da insegnanti, genitori, amici, persone vicino alla vittima perché difficile da riconoscere e inquadrare.
Bullismo | Cyberbullismo |
Sono coinvolti solo gli studenti della classe e/o dell’Istituto; | Possono essere coinvolti ragazzi ed adulti di tutto il mondo; |
generalmente solo chi ha un carattere forte, capace di imporre il proprio potere, può diventare un bullo; | chiunque, anche chi è vittima nella vita reale, può diventare cyberbullo; |
i bulli sono studenti, compagni di classe o di Istituto, conosciuti dalla vittima; | i cyberbulli possono essere anonimi e sollecitare la partecipazione di altri “amici” anonimi, in modo che la persona non sappia con chi sta interagendo; |
le azioni di bullismo vengono raccontate ad altri studenti della scuola in cui sono avvenute, sono circoscritte ad un determinato ambiente; | il materiale utilizzato per azioni di cyberbullismo può essere diffuso in tutto il mondo; |
le azioni di bullismo avvengono durante l’orario scolastico o nel tragitto casa-scuola, scuola-casa; | le comunicazioni aggressive possono avvenire 24 ore su 24; |
le dinamiche scolastiche o del gruppo classe limitano le azioni aggressive; | i cyberbulli hanno ampia liberta nel poter fare online ciò che non potrebbero fare nella vita reale; |
bisogno del bullo di dominare nelle relazioni interpersonali attraverso il contatto diretto con la vittima; | percezione di invisibilità da parte del cyberbullo attraverso azioni che si celano dietro la tecnologia; |
reazioni evidenti da parte della vittima e visibili nell’atto dell’azione di bullismo; | assenza di reazioni visibili da parte della vittima che non consentono al cyberbullo di vedere gli effetti delle proprie azioni; |
tendenza a sottrarsi da responsabilità portando su un piano scherzoso le azioni di violenza. | sdoppiamento della personalità: le conseguenze delle proprie azioni vengono attribuite al “profilo utente” creato. |
Fonte: https://www.miur.gov.it/bullismo-e-cyberbullismo
Le conseguenze del cyberbullismo sono molteplici. Così come gli effetti del bullismo, anche quelli del cyberbullismo possono non essere immediati ma restare latenti per molti anni prima di manifestarsi.
Tra le conseguenze psicologiche legate al cyberbullismo ci sono ansia, depressione e nei casi più estremi si può arrivare anche al suicidio della vittima (Kowalski et al., 2014 [4]).
Dal momento in cui sempre più persone usano i social media, il cyberbullismo sta emergendo come una preoccupazione potenzialmente letale.
Il cyberbullismo lascia comunque un’impronta digitale, una prova che può essere utile per fermare l’abuso. Spesso, infatti, le azioni di bullismo online sono antigiuridiche (azioni, cioè, che violano norme contenute nel codice penale o nella Legge sulla privacy) e per questo possono comportare sanzioni penali ed amministrative.
Cyberbullismo in Asia
Come affermato precedentemente, l’accesso internet costituisce il presupposto dell’esistenza del cyberbullismo.
Se si analizzano i dati raccolti dall’agenzia internazionale We are social, diversi Paesi asiatici come la Corea del Sud e il Giappone hanno una diffusione di internet elevatissima, con il coinvolgimento di oltre il 90% della popolazione.
La Corea del Sud è una delle “massime superpotenze della tecnologia dell’informazione”[5] e il Giappone sembra seguire il modello del vicino asiatico.
Due popolazioni ampiamente connesse a internet, una grande diffusione di servizi e procedure online e una cultura di partecipazione su forum e riviste online molto diffusa fanno di Giappone e Corea del Sud due interessanti esempi da analizzare.
Un altro elemento da tenere in considerazione quando si parla di cyberbullismo sono i Social media.
Queste piattaforme, come afferma Anuradha Rao, ricercatrice e consulente su cybercrime, cyber-safety e cybersecurity awareness, “forniscono l’opportunità perfetta per il cyberbullismo ed altri tipi di molestia online come il trolling, lo stalking e abusi sessuali tramite immagini.
L’Asia orientale è la zona del mondo con la percentuale più alta sul totale della popolazione di utenti social attivi pari al 71%.
Se si considera poi la fascia di età di utenti attivi superiore a 13 anni, la percentuale aumenta in modo significativo arrivando all’84%.
Per quanto riguarda, nello specifico, Corea e Giappone i social sono utilizzati rispettivamente dall’85% e dal 65% della popolazione[6].
L’Asia sta facendo importanti passi avanti per quanto riguarda la consapevolezza del fenomeno cyberbullismo.
Sono sempre numerosi i genitori consapevoli del problema e propensi a parlare ai loro figli della sicurezza online e del comportamento da seguire quando si usano internet e canali social.
Secondo uno studio condotto in Asia nel 2017 da Telenor, azienda del settore delle telecomunicazioni, il 46% dei genitori parla apertamente ai loro figli del cyberbullismo e della sicurezza online [7].
Questa maggior consapevolezza sul tema porta a una visione più completa e critica.
Corea del Sud e Giappone, ad esempio, sono i Paesi dove le persone sentono di più la necessità di modificare le leggi sul cyberbullismo.
In Giappone dal 2010 i casi sono quasi quadruplicati, nel 2018 si sono registrati 16.334 casi [8].
In Corea in numeri non sono meno importanti, dal 2014 al 2019 sono stati riportati più di 80.000 casi[9].
Di fronte a un numero di casi in costantemente in aumento, i cittadini richiedono misure più stringenti e concrete per arginare i danni e porre un freno al cyberbullismo. Tutto questo spesso deve passare da una riforma del sistema legale.
Note
[1] http://www.cyberbullismo.com/cyberbullismo/tipologie/
[2] https://www.researchgate.net/publication/325400583_An_update_of_cyber_bullying_origin_and_its_evolving_prevention_strategies
[3] https://www.oecd-ilibrary.org/docserver/9789264273856-12-en.pdf?expires=1605446085&id=id&accname=guest&checksum=594F7547408B1CF7554E4E9611DEBE99
[4] https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/24512111/
[5] https://asia.nikkei.com/Spotlight/Comment/Cyberbullying-How-Japan-is-following-in-South-Korea-s-footsteps
[6] https://www.statista.com/statistics/282846/regular-social-networking-usage-penetration-worldwide-by-country/
[7] https://www.telenor.com/asias-parents-speak-up-on-cyberbullying/
[8] https://www.buzzfeed.com/jp/kotahatachi/net-izime
[9] https://www3.nhk.or.jp/nhkworld/en/news/backstories/773/
(Featured image source: Unsplash – Sigmund)