Rassegna settimanale 10 – 16 giugno 2019: Sudest asiatico
10 giugno, Vietnam – Il Vietnam inasprisce le sanzioni contro i prodotti contraffatti
Lo stato vietnamita ha dichiarato che imporrà penalità maggiori suoi prodotti cinesi illegalmente trasferiti all’interno del paese ed etichettati “made in Vietnam”.
Gli agenti della dogana avrebbero intercettato dozzine di certificati di origine fraudolenti, creati per evitare le tasse americane.
Le esportazioni vietnamite verso gli Stati Uniti sono drasticamente aumentate durante lo scorso anno, mentre quelle cinesi sono brutalmente calate. Hanoi è già sotto i riflettori americani dopo che il dipartimento del tesoro abbia aggiunto il paese sulla propria lista dei paesi che manipolano la propria moneta. Il Vietnam ha però dichiarato che non userà il tasso di cambio per pratiche commerciali illegali.
Fonte: The Straits Times
Link: https://www.straitstimes.com/asia/se-asia/vietnam-cracks-down-on-relabelled-chinese-made-goods-to-dodge-tariff-hikes
11 giugno, Filippine – Arrestati sei sospetti militanti legati allo stato islamico
Le autorità filippine hanno arrestato sei militanti del gruppo Abu Sayyaf, legato allo Stato Islamico. Essi sono la dimostrazione di come il terrorismo continua ad essere un problema per il Sudest asiatico e il Medio Oriente.
L’arresto avviene dopo l’uccisione del fotografo olandese Ewold Horn a sud delle Filippine.
I militanti dell’Abu Sayyaf sono infatti noti per il rapimento di stranieri e altre atrocità avvenute nella regione quest’anno, tra cui l’attentato alla cattedrale di Salu lo scorso gennaio.
Il colonnello Gerry Besana, portavoce militare della regione, ha dichiarato: “i militanti sfruttano la povertà dando offerte di denaro e sovvenzioni scolastiche per radicalizzare e reclutare nuovi membri”.
Le autorità dichiarano che il pericolo è alto e l’organizzazione continua ad essere un problema anche per la Malesia.
Fonte: South China Morning Post
12 giugno, Indonesia – Alleato di Probowo avrebbe ordinato l’assassinio del presidente indonesiano
La polizia indonesiana ha confermato che il generale Kivlan Zen, alleato di Probowo, ha ordinato l’assassinio del presidente Joko Widodo e di alcuni funzionari di sicurezza, in un complotto legato allo scoppio di violenze a Jakarta dopo il rilascio dei risultati delle elezioni.
L’uomo avrebbe offerto agli assassini 55 milioni di rupie, circa 3,850 dollari, ordinando di usare un fucile e una pistola.
Haji Kurniawan ha testimoniato di aver ricevuto 11,000 dollari per comprare armi e per pagare le spese del complotto.
Kivlan, arrestato per possesso illegale di armi, ha dichiarato di non aver niente a che fare con la questione.
Fonte: South China Morning Post
13 giugno, Malesia – Ministro dell’economia malese condanna il video porno che lo vedrebbe coinvolto
Il ministro dell’economia Azmin Ali ha respinto le voci che lo vedrebbero protagonista in un video porno diventato virale questa settimana.
Azmin fa parte del People’s Justice Party (PKR), dove anche Anwar era stato accusato di sodomia sempre a causa di alcuni video diffusi in rete.
“Rifiuto categoricamente queste crudeli diffamazioni”, ha dichiarato l’uomo, “questo è solo un piano efferato per colpire la mia reputazione e distruggere la mia carriera politica”.
Il ministro ha aggiunto che questo, come le accuse di corruzione di pochi mesi fa, sono solo un modo per distrarlo dalla crescita delle politiche nazionali sostenibili e inclusive.
Fonte: South China Morning Post
14 giugno, Indonesia – Kivlan Zen chiede protezione ad uno degli ufficiali che avrebbe tentato di uccidere
Kivlan Zen, il generale indonesiano coinvolto nel piano per uccidere il presidente Joko Widodo e alcuni alti ufficiali, sta cercando ora protezione da uno dei suoi target: il ministro della sicurezza Wiranto.
Difatti l’uomo ha scritto a quest’ultimo una lettera in cerca di protezione legale.
Kivlan ex membro dell’armata del’elite Kostrad (Army Strategic Reserve Command), è accusato di aver ordinato l’assassinio di Wiranto, del ministro Luhut Pandjaitan, il capo dell’inteligence Bud Gunawan e il consigliere presidenziale dell’inteligence Gories Mere.
Il complotto sarebbe legato ad alcune dimostrazioni violente scoppiate tra il 21 e il 22 maggio dopo l’annunci dei risultati delle elezioni presidenziali, dove Widodo ha vinto con il 55.5 percento dei voti.
Fonte: South China Morning Post
15 giugno, Birmania – Le Nazioni Uniti minacciano la Birmania di ritirare gli aiuti per la “politica di apartheid” contro i Rohingya
Le Nazioni Unite hanno minacciato di ritirare gli aiuti e il supporto nello stato di Rakhine per evitare complicità con la “politica di apartheid” del governo birmano nei confronti dei Rohingya musulmani.
Le agenzie delle Nazioni Unite hanno lavorato continuamente nei campi delle comunità profughe musulmane dopo che le loro abitazioni sono state distrutte in uno scoppio di violenze nel 2012 e gli eventi del 2017 che hanno costretto oltre 800,000 persone a scappare verso il Bangladesh.
Nel 2017 il governo birmano ha chiuso i campi dove 128,000 Rohingya e Kaman sono stati forzati a vivere in cattive condizioni sanitarie e con sostanziali restrizioni.
Nonostante l’intervento in questi anni delle Nazioni Unite, un report ha dimostrato che le condizioni di vita delle persone spostate sono invariate e i campi profughi sono chiusi con servizi basici e poche opportunità di vita.
“Lo stato di Rakhine è un stato di apartheid da anni”, ha dichiarato la ricercatrice in Birmania di Amnesty International, aggiungendo che la comunità internazionale rimane paralizzata.
Fonte: The Guardian
16 giugno, Filippine – Peschereccio filippino affondato nel Mar Cinese Meridionale
Una settimana fa, un peschereccio filippino è stato affondato da una nave cinese nel Mar Cinese Meridionale. Il presidente Rodrigo Duterte ha rotto il silenzio sulla questione definendo l’accaduto “solo una collisione. Un incidente marittimo”.
Uno scienziato politico ha definito il comportamento del presidente cauto e volto a preservare l’amicizia con la Cina.
Questo è solo uno dei tanti incidenti avvenuti nel contestato Mar Cinese Meridionale, di cui rivendicano la sovranità anche Malesia, Taipei, Vietnam, Brunei e le Filippine.
Fonte: South China Morning Post
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