Rassegna settimanale 18-24 giugno 2018: Sudest asiatico
18 giugno, Filippine – Proseguono le operazioni antiterrorismo nelle Filippine
Le forze di sicurezza filippine si sono scontrate con ciò che rimane dei ribelli dell’ISIS dopo la battaglia di Marawi. Il colonnello Romeo Brawner ha dichiarato che le forze filippine hanno condotto un assalto per via aerea e terrestre nella provincia di Lanao del Sur. Brawner non ha potuto però confermare se ci fossero stati dei morti durante gli scontri.
L’obbiettivo dei militari era Abu Dar, il nuovo “emiro” dello Stato Islamico nel sud est asiatico secondo le fonti del governo filippino. I ribelli jihadisti avevano lanciato una grande offensiva nel mese di maggio del 2017, cercando di strappare la città di Marawi al governo filippino. Circa mille combattenti dell’ISIS hanno sfidato le forze di sicurezza filippine per 5 mesi.
Fonte: The Straits Times
Link: https://www.straitstimes.com/asia/se-asia/philippine-troops-clash-with-remnants-of-defeated-islamist-group
19 giugno, Cambogia – La Cina offre 100 milioni di dollari in aiuti militari
Il governo cinese ha concesso circa 100 milioni di dollari in aiuti militari allo stato cambogiano. L’annuncio è stato fatto dal ministro della difesa cambogiano e sarebbe una dimostrazione dei solidi rapporti che legano i due paesi. La somma è stata ufficilamente consegnata al governo cambogiano dal ministro della difesa cinese Wei Fenghe.
L’ufficiale cinese si trova attualmente in Cambogia per assistere ad un’esercitazione militare tra i due paesi. Il portavoce del ministro ha dichiarato che Wei ha “promesso oltre 100 milioni di dollari”, da usare a discrezione del governo cambogiano e che le esercitazioni militari tra i due paesi continueranno anche il prossimo anno.
Fonte: The Straits Times
Link: https://www.straitstimes.com/asia/se-asia/china-pledges-over-s136-million-military-aid-to-cambodia
20 giugno, Rohingya – Ci sono 1.2 milioni di rifugiati Rohingya
Secondo i dati dell’UNHCR sarebbero 1.2 milioni i rifugiati Rohingya. Nel report rilasciato dall’agenzia delle Nazioni Unite, 2017 ammonterebbero a 68.5 milioni i rifugiati in tutto il mondo. Solo nell’ultimo anno 16 milioni di persone sono state costrette a lasciare le proprie case. 85 percento di tutti i rifugiati si trovano in paesi in via di sviluppo “molti di essi sono disperatamente poveri e ricevono poco sostegno per occuparsi di queste popolazioni”.
“Siamo ad un punto di svolta” ha dichiarato Filippo Grandi, l’alto commissario per i rifugiati “dove il successo per gestire lo spostamento forzato richiede un nuovo approccio più comprensivo così che certi paesi e comunità non vengano lasciati da soli”. L’alto commissario ha ricordato che i Rohingya sono il terzo gruppo più grande tra i nuovi rifugiati, dopo i rifugiati del sud Sudan ed i siriani.
Uccisioni di massa, violenze sessuali e incendi dolosi per far scomparire interi villaggi sono la causa dell’esodo Rohingya. Gli eventi in Birmania sono stati definiti come pulizia etnica e addirittura come genocidio da diversi capi di stato e di governo. Ad oggi sono quasi un milione i Rohingya ad aver trovato riparo in Bangladesh.
Fonte: Asian Correspondent
Link:https://asiancorrespondent.com/2018/06/world-refugee-day-unhcr-rohingya-2017/#rozAztj7kR3j27Sm.97
21 giugno, Malesia – La Malesia non vuole mollare il Mar Cinese Meridionale
Il primo ministro malese Mahathir Mohamad ha dichiarato di voler continuare ad ocupare le isole rivendicate dal proprio governo. “La Cina rivendica il Mar Cinese Meridionale, ma queste isole le consideriamo come nostre da molto tempo. Quindi vogliamo tenerle” ha dichiarato il premier.
Lo stato malese è attualmente impegnato in una disputa regionale per il controllo del Mare Cinese Meridionale. Oltre alla Cina, sono implicati Brunei, Filippine, Taiwan e Vietnam. Il Mar Cinese Meridionale è una delle rotte marittime e punti di snodo commerciale più importanti al mondo, nel 2016 l’equivalente di 3.600 miliardi di dollari di beni hanno attraversato il mare, circa 25 percento del commercio mondiale.
Negli ultimi anni le tensioni sono aumentate a tal punto che gli Stati Uniti hanno mandato delle navi da guerra per pattugliare il Mar Cinese Meridionale e proteggere la libertà di navigazione. Secondo Mahathir una delle soluzioni per ridurre le tensioni sarebbe di far pattugliare il mare da piccole imbarcazioni “non penso che ci debbano essere molte navi da guerra. Creano solo tensioni”. “Un giorno, qualcuno potrebbe commettere un errore e ci saranno dei combattimenti, delle navi verranno perse e potrebbe esserci una guerra. Non vogliamo questo” ha dichiarato il premier malese.
Fonte: The Straits Times
Link: https://www.straitstimes.com/asia/se-asia/malaysia-wants-to-continue-occupying-its-south-china-sea-islands
22 giugno, Filippine – La Guerra alla droga prosegue nelle scuole.
Lo stato filippino sta pensando di proseguire la propria guerra alla droga nelle scuole di tutto il paese. Secondo le prime informazioni il governo vorrebbe imporre ispezioni casuali di zaini, armadietti, così come test antidroga ai professori e bambini sopra i dieci anni.
Questa nuova decisione incontrerebbe però una forte opposizione da parte del dipartimento dell’eduzione. Il dipartimento ha rilasciato un comunicato dove si dichiara preoccupato di questa nuova misura e per l’incolumità dei bambini. Inoltre, il portavoce del Philippine Drug Enforcement Administration vorrebbe rendere obbligatori i test antidroga a liceo ed in università.
Catalino Cuy, a capo della commissione Dangerous Drugs Board (DDB), commissione nella quale partecipa anche il dipartimento dell’educazione, ha dichiarato di studiare un piano per rafforzare le campagne di prevenzione nelle scuole. “I programmi di prevenzione sono già presenti nelle scuole. Si sono dimostrati efficienti per diminuire il consumo di droghe e far capire l’importanza di una vita sana” ha dichiarato Cuy.
La guerra al narcotraffico è stata lanciata nel 2016 dall’allora neo-eletto Rodrigo Duterte. In due anni le forze di polizia hanno ucciso 4.200 sospettati di uso o traffico di droga. Migliaia di altre persone sono state uccise da bande di vigilanti o, secondo il governo, bande rivali. Secondo molti attivisti, un numero importanti di queste uccisioni sarebbero vendette personali mascherate in azioni antidroga, una versione dei fatti fortemente contestata dal governo.
Fonte: The Straits Times
Link: https://www.straitstimes.com/asia/se-asia/philippines-plans-to-take-drug-war-to-schools-with-searches-random-testing
23 giugno, Birmania – La Corte Penale Internazionale vuole investigare i crimini commessi dall’esercito birmano
Racconti strazianti di donne legate ad alberi e stuprati per intere giornate dai militari birmani e uomini spinti verso delle fosse comuni, dopo essere stati innaffiati di petrolio e bruciati vivi sono stati spediti alla Corte Penale Internazionale (CPI).
Le prove sono state raccolte e mandate da una coalizione di organizzazioni bengalesi all’accusa della CPI. La volontà della corte sarebbe quella di investigare la deportazione forzata da un paese dove non possiede giurisdizione.
I giudici della CPI si sono incontrati a porte chiuse all’Aia questa settimana per iniziare le discussioni e questi documenti dovrebbero essere una parte integrante per la costruzione del caso.
L’argomentazione legale per l’investigazione della CPI è condotta da Fatou Bensouda ed è la prima volta che Corte considera un tale caso. Mentre il Bangladesh è uno stato membro, il ché dà la possibilità alla CPI di investigare possibili crimini internazionali all’interno del paese, la Birmania non lo è, e nega le accuse di pulizia etnica contro la popolazione Rohingya.
Bensouda è convinta che la natura transfrontaliera della deportazione forzata dei Rohingya in Bangladesh significhi che la questione possa legalmente ricadere nelle mani della CPI.
La Birmania ha fino al 27 luglio per rispondere alle accuse e dimostrare che la CPI non possiede la giurisdizione sul caso Rohingya.
La richiesta sarà difficilmente ben accolta dal governo birmano. Nella giornata di mercoledì, un account di un social network dell’ufficio di Aung San Suu Kyi ha rimproverato le “narrative di odio che provengono dall’estero” che non hanno fatto altre che alimentare le tensioni tra la comunità musulmana Rohingya e buddista dello stato di Rakhine.
Oltre 700.000 Rohingya hanno lasciato il paese da agosto del 2017, dopo l’inizio delle violenze e della repressione condotta dai militari. Sono stati rasi al suolo diversi villaggi, donne e bambini sono stati stuprati e molestati e decine di migliaia di persone sono state uccise. Le uccisioni di massa sono state descritte sia come pulizia etnica e “avendo tutte le caratteristiche di un genocidio” da parte delle Nazioni Unite.
Un documento sottoposto alla CPI da parte del Asian Legal Resource Centre (ALRC) ed il suo partner Odhikar, include la storia di Marwa, 10 anni, la cui famiglia è stata fucilata prima che lei, assieme ad un gruppo di altre ragazze del villaggio, fosse portata vicino alla scuola del villaggio per essere ripetutamente stuprata.
Nel documento è presente anche il racconto di Khurshida, 20 anni, che ha descritto come è stata tenuta ostaggio con numerose altre donne Rohingya prima di essere spogliata, legata ad un albero e stuprata per giorni. Khurshida ha poi perso conoscenza ed è stata lasciata per morta dai soldati.
Ci sono anche le storie di Sakila, 25 anni, che si è nascosta mentre la sua famiglia è stata imprigionata nella propria casa e bruciata viva, e Nur Jahan, 31 anni, brutalmente stuprata davanti a sua figlia di 7 anni.
Altre associazione bengalesi hanno dichiarato che la natura sessista e sessuale della violenza contro i Rohingya è fondamentale nel caso e che la CPI deve processare i colpevoli.
L’avvocato per i diritti umani Wayne Jordash è convinto che la richiesta della CPI alla Birmania di presentare i propri documenti giustificativi sia un indicatore della volontà della Corte di investigare la questione. “Se fosse il governo birmano, inizierei a prepararmi per un’investigazione della CPI sul crimine di deportazione” ha dichiarato Jordash.
La CPI è già stata accusata di razzismo in passato perché concentrava la maggior parte delle sue attività sul continente africano, e molti pensano che la corte vorrebbe creare più equilibrio voltando la propria attenzione nei confronti delle atrocità in Asia.
Sir Geoffrey Nice, a capo dell’accusa nei confronti del presidente serbo Slobodan Milosevic è convinto che il processo andrà avanti “La CPI deve prendere coraggio e accettare il fatto di possedere la giurisdizione necessaria e fare in modo che questi crimini siano investigati”. “Altrimenti tutto questo sarebbe un grande passo indietro e metterà a male l’autorità della corte. Questa è l’unica via possibile per i Rohingya. Abbiamo la responsabilità di accertarci che i criminali rispondano dei propri crimini.”
Fonte: The Guardian
Link: https://www.theguardian.com/world/2018/jun/23/myanmar-icc-pushes-to-investigate-rohingya-atrocities-rape-fire
24 giugno, Indonesia – I lavoratori stranieri dovranno imparare l’indonesiano
Il presidente indonesiano Joko Widodo modificherà la legge riguardante l’immigrazione in Indonesia, semplificando l’accesso ai visti di lavoro per gli stranieri la rendendo obbligatorio l’apprendimento della lingua locale. Il procedimento per ottenere un visto era noto per la sua complessità, tempi allungati, rifiuti arbitrari e corruzione.
La decisione ha però spiazzato la comunità degli investitori stranieri, “i nostri business vogliono continuare ad essere in questo paese ed investire, ma ciò che vogliono sono anche regole che non cambino all’improvviso” ha dichiarato A. Lin Neumann, direttore della camera di commercio americana.
La mossa del presidente potrebbe essere un tentativo di contrastare il discorso dei suoi rivali politici che lo hanno accusato di aprire le porte all’immigrazione. Attualmente ci sarebbero 126.000 stranieri asiatici ed occidentali che lavorano nel paese. Una percentuale relativamente bassa considerando che il paese conta circa 260 milioni di abitanti.
Fonte: The Straits Times
Link: https://www.straitstimes.com/asia/se-asia/jakarta-wants-foreign-workers-to-undergo-formal-training-to-learn-indonesian-language
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