Rassegna settimanale 14-20 maggio 2018: Sud Est Asiatico
14 maggio, Indonesia – L’Indonesia colpita dal jihadismo in famiglia
Sono famiglie intere, padri, madri e figli trasformati in commando suicida, che hanno perpetrato, domenica 13 e lunedì 14 maggio, gli attentati djihadisti più letali nell’ultimo decennio. Nella città portuaria di Surabaya, situata ad est della città di Java, una coppia ed i loro quattro figli hanno attaccato tre chiese cristiane: il loro assalto ha fatto almeno quattordici morti e quaranta feriti.
Lo Stato Islamico ha prontamente rivendicato sulle chat dell’applicazione Telegram questa azione dei suoi “martiri” il cui modus operandi è senza dubbi inedito nella storia del jihadismo mondiale. Lunedì mattina, la seconda ondata di attacchi, mirata questa volta verso le forze dell’ordine, ha fatto almeno un morto secondo un bilancio provvisorio. Gli assalitori: cinque membri della stessa famiglia, di nuovo, tra i quali un bambino di 8 anni, arrivati in moto, che hanno azionato i loro esplosivi su ad un punto di controllo, davanti ad una stazione di polizia. Il più giovane dei terroristi sarebbe sopravvissuto secondo la polizia locale.
Domenica, Puji Kuswati, una madre, e le sue due figlie di 9 e 12 anni, tutte che indossavano il niqab, hanno portato il primo attacco di questa serie, contro la chiesa Kristen Indonesia Diponegoro. Sono entrate all’ora dell’uscita della messa e hanno fatto esplodere le bombe che portavano attorno alla vita. Il padre, Dita Priyanto, ha invece schiantato la sua autobomba in una chiesa pentecostale mentre i suoi figli di 16 e 18 anni si facevano esplodere davanti alla chiesa di Santa Maria… Secondo un portavoce della polizia indonesiana, la famiglia era tornata dalla Siria.
Il capo della polizia indonesiana, Tito Karnavian, ha successivamente dichiarato che il commando apparteneva ad una organizzazione legata allo Stati Islamico, la Jamaah Ansharut Daulah (JAD). Quest’ultima, nata a Bandung, nell’ovest di Java, era stata considerata come inattiva da alcuni esperti, la maggior parte dei membri fondatori essendo stati uccisi o imprigionati.
La polizia ha peraltro indicato che quattro presunti membri del movimento JAD erano stati uccisi nelle operazioni successivamente ad una ribellione in una prigione di alta sicurezza nei dintorni di Jakarta, proprio la scorsa settimana. Cinque poliziotti e un detenuto sono stati uccisi durante gli scontri nel carcere, dove i detenuti islamici avevano preso un agente di sicurezza come ostaggio. Lo Stato Islamico aveva rivendicato l’attacco, diffondendo le immagini filmate dall’interno della prigione.
Questo improvviso aumento di attentati Jihadisti, nel più grande paese musulmano al mondo, è una ripercussione diretta dell’implicazione di centinaia di indonesiani in Siria nei ranghi dello Stato Islamico. Dall’inizio del conflitto armato nel paese, nel 2011, i servizi segreti di Jakarta hanno notato un aumento del fervore jihadista tra gli attivisti del paese, accompagnato di un flusso di partenze per il Medio Oriente. Nel 2016, l’agenzia di intelligence indonesiana, BIN, stimava a 500 le partenze mentre il ministro della sicurezza, Luhut Panjaitan, evocava circa 800 partenze.
In un articolo per l’Institute for Policy Analysis of Conflicts, basato a Jakarta, l’esperta Sidney Jones spiegava che il 2016 era stato un anno importante: “Un’istruzione fu data da Abu Al-Adnani, l’ex portavoce dello Stato Islamico successivamente ucciso, che invitava i combattenti a condurre atti di guerra nel proprio paese, viste le crescenti difficoltà a rendersi in Siria”.
Secondo Jones, questa “fatwa della morte” avrebbe totalmente cambiato il programma di formazione per i candidati al jihad della JAD “tutto ad un tratto, non si parlava più di jihad in Siria, ma di jihad in Indonesia
A questa minaccia locale si coniuga il rischio che presentano coloro che tornano dalla Siria, se viene confermato che almeno una delle due famiglie che hanno commesso gli attentati di domenica e lunedì sono stati nel paese. A differenza di Boko Haram in Nigeria, lo Stato Islamico aveva espresso le proprie resistenze a vedere delle donne – e in particolar modo ragazze giovani – a partecipare a queste operazioni “offensive”, limitando così il loro ruolo di “combattenti” in contesti detti “difensivi”, come resistere agli assalti delle forze di sicurezza. Con l’uso di intere famiglie in quanto commando suicida, è stato operato un cambio radicale.
Il presidente indonesiano Joko Widodo, che non si scorda mai di ricordare il carattere multiculturale del paese, un arcipelago dove il 90 percento di musulmano coabitano con il 10 di cristiani, ha denunciato “un atto di barbarie, che supera ogni concetto di umanità: ha causato numerose vittime tra i membri della polizia e semplici cittadini, tra i quali ci sono numerosi bambini innocenti”.
Questi appelli alla tolleranza, in un paese segnato dall’emergenza del jihadismo, in particolar modo dopo l’attentato di Bali, che aveva fatto più di 200 morti nel 2002, si iscrivono in un contesto delicato. Malgrado gli orrori di domenica, i movimenti terroristi sull’arcipelago sembrano essersi fermati, ma assistiamo da qualche anno alla nascita di nuovi gruppi radicali islamisti sulla scena politica indonesiana. La violenza jihadista è, in questo clima, l’espressione più violenta di questa deriva rappresentata dall’attivismo dei leader islamo-conservatori.
Fonte: Le Monde
Link: http://lemonde.fr/international/article/2018/05/14/l-indonesie-frappee-par-le-djihadisme-familial_5298587_3210.html
15 maggio, Malesia – Cambi in vista nell’amministrazione malese
La nuova amministrazione malese sta operando un importante rinnovo all’interno delle agenzie amministrative e pubbliche del paese. La volontà esplicita del nuovo governo è di porre fine alla corruzione endemica. Dzulkifli Ahmad è stato tra i primi ufficiali di governo ad essere stati colpiti. L’uomo era stato designato due anni fa, capo della Malaysian Anti-Corruption Commission e ha presentato le proprie dimissioni lunedì.
Secondo varie fonti il nuovo primo ministro Mahathir Mohamad dovrebbe individuare nei prossimi giorni il sostituto di Dzulkifli. Intanto, dovrebbero tornare a lavorare per l’agenzia i membri del team investigativo dello scandalo 1MDB. Razak Najib era rimasto al centro delle attenzioni mediatiche internazionali dopo essere accusato di aver pilotato lo scandalo finanziario noto come 1MDB ed essere intascato circa 560 milioni di dollari.
Un altro funzionario di primo rango, il segretario del tesoro, Mohamad Irwan Serigar Abdullah, è stato rimosso dalle sue funzioni, per via della sospettata complicità. Infine, numerosi altri funzionari possibilmente implicati in quello che è stato definito il più grande scandalo finanziario del paese si sono dimessi o sono stati licenziati. Il primo ministro Mahathir ha ripetutamente menzionato di voler riaprire l’inchiesta.
Fonte: The Straits Times
Link: https://www.straitstimes.com/asia/se-asia/heads-roll-under-malaysias-new-administration
16 maggio, Malesia – Anwar Ibrahim è stato graziato
Il prigioniero più famoso del paese, Anwar Ibrahim è stato graziato dal re e quindi immediatamente liberato. L’uomo è uscito libero dall’ospedale da dove stava ricevendo le proprie cure dopo un’operazione alla spalla. Anwar è uscito dall’ospedale ed è stato accolto dai suoi sostenitori sotto il grido di “Reformasi!”, l’espressione usata nel 1998 per protestare contro il suo licenziamento dal governo dell’epoca.
Anwar è stato più volte individuato come un possibile membro del nuovo governo malese. Mahathir e Anwar sono stati alleati e successivamente nemici politici per numerosi anni, fino ad unire le proprie forze nell’ultima campagna politica per sconfiggere Razak Najib. L’ex prigioniero ha però dichiarato durante una conferenza stampa di voler prendere del tempo per sé e per viaggiare, ma che si terrà informato sulla situazione del paese. L’uomo ha poi ringraziato il re per la grazia che gli è stata accordata e ha lanciato un messaggio ai suoi sostenitori “In un momento dove la democrazia è in difficoltà in tutto il mondo, spero che i malesi abbiano dato qualche speranza a tutte le persone in tutto il mondo che lottano per la propria libertà”
Il settantenne è stato condannato al carcere due volte, una prima volta nel 1998 e successivamente nel 2008. Entrambe le volte l’uomo è stato accusato di cattiva gestione dello stato e sodomia, accuse politicamente motivate secondo Anwar.
Fonte: The Straits Times
Link: https://www.straitstimes.com/asia/se-asia/malaysias-pm-in-waiting-anwar-ibrahim-to-meet-king-at-noon-today-after-royal-pardon
17 maggio, Filippine – Duterte: il prossimo difensore civico non sarà né un politico né una donna
Il presidente filippino Rodrigo Duterte ha dichiarato che il prossimo difensore civico del paese non dev’essere un politico e neppure una donna. Il presidente, noto per esprimersi senza giri di parole, ha dichiarato che il consiglio dei giudici “nominerà, ma sarò io a scegliere, e voglio una persona rispettata per la sua integrità. Ovviamente non potrà essere un politico, e neppure una donna”.
Attualmente, Conchita Carpio Morales, è la persona in carica e si è rivelata una spina nel fianco del presidente. Il mandato della donna prenderà fine il 26 luglio, ma non è al riparo di qualche sorpresa. Il presidente avrebbe a lungo considerato di licenziarla assieme alla presidente della corte suprema Maria Lourdes Sereno, recentemente discreditata pubblicamente. Entrambe le donne sono accusate di aver usato le loro posizioni per discreditare l’amministrazione Duterte.
Le due donne non sono state le uniche a subire la furia di Duterte, la senatrice Leila de Lima si trova attualmente in prigione con l’accusa di essere complice in una vasta rete di narcotraffico. La vicepresidente Leni Robredo è stata strappata del suo incarico sulle abitazioni ed è apertamente criticata dal suo stesso presidente. La maggior parte delle accuse nei confronti di queste donne sono stati dichiarati politicamente motivati. Inoltre, il presidente è stato accusato di misoginia, particolarmente dopo aver dichiarato che bisognava sparare alle combattenti ribelle “nella vagina”.
Fonte: Asian Correspondent
Link: https://asiancorrespondent.com/2018/05/duterte-next-ombudsman-should-not-be-a-politician-and-definitely-not-a-woman/#z371yUGYi8v3f3u1.97
18 maggio, Tailandia – La giunta denuncia il Pheu Thai Party
La giunta tailandese ha avviato delle procedure legali contro il principale partito di opposizione, e partito di governo al momento del colpo di stato del 2014, per aver violato il divieto di attività politica ancora in vigore nel paese. Il partito politico ha in effetti duramente criticato l’operato della giunta militare, formalmente nota come il National Council for Peace and Order (NCPO)
In una dichiarazione di cinque pagine il Pheu Thai Party ha apertamente preso posizione contro il NCPO, accusandolo di non aver mantenuto le proprie promesso riguardo alla riconciliazione nazionale, la corruzione, proteggere i diritti e la democrazia e migliorare l’economica del paese. Inoltre, il partito politico ha duramente criticato il continuo rinvio delle prossime elezioni, previste per il 2019.
Fonte: Asian Correspondent
Link: https://asiancorrespondent.com/2018/05/thailand-junta-takes-legal-action-against-pheu-thai-party-over-criticisms/#PAIGB5E1sSV03iQM.97
19 maggio, Mar Cinese Meridionale – Dei bombardieri cinesi nel Mar Cinese Meridionale
Durante delle esercitazioni sulle isole del Mar Cinese Meridionale, l’aeronautica cinese avrebbe fatto atterrare alcuni bombardieri capaci di trasportare armamenti nucleari. “Una divisione della Forza Aerea della Cina ha recentemente organizzato delle esercitazioni di decollo e atterraggio di diversi bombardieri, inclusi gli H-6K, sulle isole del Mar Cinese Meridionale per migliorare le nostre capacità di ‘raggiungere tutto il territorio, condurre azioni in qualsiasi momento e qualsiasi direzione’” si può leggere in un comunicato dell’esercito cinese.
Gli Stati Uniti sono l’unica forza in campo capace di contrapporsi all’espansionismo cinese nella regione, contesa anche da Vietnam, Filippine, Taiwan, Brunei e Malesia. “Gli Stati Uniti vogliono mantenere libera l’area Indo-Pacifica” ha dichiarato il portavoce dell’esercito statunitense. Secondo un think tank americano, le esercitazioni cinese si sarebbero svolte sulle isole Paracel, reclamate anche dal Vietnam e da Taiwan.
Fonte: The Guardian
Link: https://www.theguardian.com/world/2018/may/19/china-says-air-force-lands-bombers-on-south-china-sea-islands
20 maggio, Filippine – USA e Filippine rafforzano la loro cooperazione
È stato raggiunto un nuovo accordo tra Stati Uniti e Filippine per rafforzare la cooperazione dei due paesi per la lotta al terrorismo e l’estremismo. Le due nazioni si sono accordare per condividere materiale sensibile e le proprie fonti di intelligence. La decisione è stata raggiunta dopo un incontro tra il segretario alla difesa Delfin Lorenzana, segretario degli affari esteri Alan Peter Cayetano e altri membri della delegazione filippina, con i membri gli alti ufficiali dell’esercito americano.
L’accordo prevede principalmente lo scambio di materiale sensibile per la lotta al terrorismo, preoccupazione di primo piano sia per Washington che per Manila. Gli Stati Uniti erano stati in prima linea per aiutare l’esercito filippino a ricatturare la città di Marawi, contesa con i ribelli dell’ISIS per circa 5 mesi. La cooperazione militare tra le due parti risale al trattato di mutua difesa del 1951, e le Filippine rappresentano un’importante alleato per gli Stati Uniti.
Fonte: The Straits Times
Link: https://www.straitstimes.com/asia/se-asia/us-philippines-agree-to-bolster-information-sharing-to-fight-terrorism
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