Rassegna settimanale 26 marzo-1 aprile 2018: Sud est asiatico
26 marzo, Filippine – Le Filippine spingono per uno sforzo globale contro la pedofilia
Le Filippine hanno deciso di intensificare la loro lotta contro la pedofilia e hanno richiesto il contributo degli altri paesi. L’Unicef ha infatti dichiarato che Le Filippine sono al centro di un crescente traffico di bambini forzati a praticare una serie di atti sessuali e abusati davanti a delle webcam. Le Filippine ricevono ogni mese circa 3.000 rapporti dall’estero su possibili casi di pedofilia.
La senatrice Loren Legarda ha dichiarato che le altre nazioni del sud est asiatico devono rafforzare il proprio arsenale legislativo per la lotta alla pedofilia e aumentare le pene previste. Inoltre, sempre secondo la senatrice, dev’esserci un’azione globale contro il cybersesso e la compra-vendita di bambini su internet: “I paesi sviluppati, da dove proviene la domanda per questi atti osceni online, devono fare la propria parte”.
Secondo il Global Slavery Index della Walk Free Foundation, nel paese sarebbero 400.000 le persone in situazione di schiavitù moderna, circa una persona su 250. Le Filippine sono considerate come un punto di snodo per il traffico di esseri umani e schiavitù moderna. “Riceviamo importanti aiuti da paesi come Australia, Gran Bretagna, Germania, Norvegia e Stati Uniti quando si tratta di combattere la pedofilia online… ma abbiamo bisogno di più supporto” ha dichiarato la senatrice.
Fonte: The Straits Times
Link: http://www.straitstimes.com/asia/se-asia/philippines-urges-tough-global-action-on-cyber-sex-trafficking-of-children
27 marzo, Indonesia – La corte suprema rigetta l’appello di Ahok
La corte suprema indonesiana ha deciso di rigettare l’appello dell’ex governatore di Jakarta Basuki “Ahok” Tjahaja Purnama condannato per blasfemia. L’avvocata che rappresentava Ahok, Josefina Agatha Syukur, ha dichiarato che deve ancora ricevere la decisione ufficiale del verdetto. “Non possiamo fare nessuna dichiarazione senza avere tutte le informazioni e discuterne con la nostra squadra”.
Ahok era stato condannato quasi un anno fa con l’accusa di blasfemia. Durante la campagna elettorale è stato ripreso mentre ha commentato qualche verso coranico, pochi giorni dopo era comparso su internet un video montato in modo che i commenti di Ahok sembrassero ingiuriosi.
Fonte: The Straits Times
Link: http://www.straitstimes.com/asia/se-asia/indonesias-supreme-court-rejects-ahoks-blasphemy-appeal
28 marzo, Birmania – Un Fedele di Aung San Suu Kyi alla presidenza della Birmania
Un fedele di Aung San Suu Kyi ne sostituisce un altro. Dopo l’improvvisa dimissione del presidente uscente Htin Kyaw, un fedele alleato della Lady sin dai tempi della dittatura, Win Myint, è stato eletto ad una posizione ormai ampiamente onorifica di presidente della Repubblica dell’Unione del Myanmar, nome ufficiale della Birmania.
Le eventuali ripercussione politiche di questa elezione al suffragio indiretto, frutto del voto di un collegio elettorale composto dalle due camere del parlamento, sono oggetto di speculazione della stampa e degli ambienti diplomatici: contrariamente al presidente uscente, di salute fragile e che aveva accettato l’incarico solo per far piacere alla sua amica Aung San Suu Kyi, il nuovo presidente di 66 anni è un veterano della politica.
Ex prigioniero di coscienza, si era impegnato in politica sin dal 1988, quando i manifestanti del movimento pro-democrazia cadevano sotto il fuoco dei soldati della giunta. Dalle elezioni legislative del 2015, occupava il ruolo nevralgico di presidente della camera bassa del parlamento.
Questo ex studente di geologia all’università di Rangoon diventato avvocato potrebbe rivelarsi più combattivo e soprattutto più incline a ricoprire il suo ruolo di capo di stato. Potrebbe, se lo volesse, esercitare alcuni poteri abbastanza estesi come glielo permette la costituzione del 2008, approvata con un referendum all’epoca della giunta militare.
Forte della schiacciante vittoria del suo partito nel 2015, la Lega Nazionale per la Democrazia (LND), Suu Kyi voleva ricoprire questo ruolo. Un articolo della costituzione, però, impedisce a qualcuno sposato con uno straniero di indossare la carica. Avendo sposato un britannico con il quale ha avuto due figli, la strada per la presidenza gli era stata chiusa. L’ex dissidente e vincitrice del premio Nobel per la pace è stata quindi obbligata nel mese di marzo 2016 a conferire la carica ad una persona nella quale aveva la più completa fiducia.
Aung San Suu Kyi si era accontentata del ministero degli affari esteri e di consigliera di Stato, un titolo che faceva di lei, di fatto, la prima ministra. L’ex presidente era considerato come la sua “marionetta”.
Al momento in cui la Lady sta per festeggiare il suo secondo anno al potere, il cambiamento della più alta carica dello stato non è così innocuo. Alcuni osservatori stanno speculando sul fatto che Suu Kyi possa avere l’intenzione di concentrarsi sulla preparazione delle prossime elezioni legislative del 2020 e lasciare così una più grande libertà al nuovo presidente.
“Alcuni sperano che la situazione economica possa migliorare sotto la sua presidenza e che riforme del sistema giudiziario possano essere decise” ha dichiarato il giornale Myanmar Times
Il sito The Irrawaddy, a lungo la voce dell’opposizione in esilio, avvisa però che se il nuovo presidente vuole esercitare un potere più ampio “sarà costretto a confrontarsi con l’esercito”.
L’esercito che mantiene tutta una serie di poteri estremamente estesi con il quale Aung San Suu Kyi ha deciso per ora di collaborare. Come l’ha dimostrato la sua passività durante tutta la crisi dei Rohingya costretti a fuggire in Bangladesh
Fonte: Le Monde
Link: http://lemonde.fr/asie-pacifique/article/2018/03/28/en-birmanie-un-proche-d-aung-san-suu-kyi-designe-a-la-presidence_5277655_3216.html
29 marzo, Birmania – Un ex bambino soldato condannato per aver parlato alla stampa
Una corte birmana ha condannato Aung Ko Htwe, un ex bambino soldato a due anni di prigione e ai lavori forzati per aver raccontato ai media com’è stato rapito dall’esercito ed è stato costretto a diventare un bambino soldato. Htwe ha dichiarato “i miei diritti sono stati violati. Non esiste lo stato di diritto in questo paese”. La sorella di Htwe ha a sua volta commentato la vicenda “Non capisco cosa ci sia di sbagliato a spiegare com’è diventato un bambino soldato”, “l’esercito ha già ammesso di aver usato dei minorenni”.
Secondo un giornale locale, Htwe era stato catturato nel 2008 e durante un tentativo di evasione in moto aveva accidentalmente ucciso una persona. Il ragazzo era stato allora condannato a morte. La pena era stata trasformata in una condanna a vita dal presidente U Thein Sein. Il suo caso era successivamente riemerso quando l’esercito decise di porre fine all’uso dei bambini e la sua pena è stata ridotta a 10 anni di carcere, per poi essere liberato una volta scontati 9 anni.
Secondo i difensori dei diritti umani questa condanna è una chiara violazione della libertà di espressione.
Fonte: Asian Correspondent
Link: https://asiancorrespondent.com/2018/03/burma-ex-child-soldier-sentenced-to-jail-hard-labour-for-talking-to-press/#6TiBKiF54w0UZp4m.97
30 marzo, Tailandia – La giunta sospenderà il divieto di attività politica a giugno
Entro il mese di giugno la giunta tailandese dovrebbe porre fine al divieto di attività politica imposto circa quattro anni fa. Dal colpo di stato del 2014, i raggruppamenti politici di più di 5 persone erano stati vietati e da allora le elezioni politiche sono state rimandate anno dopo anno. Questa volta il governo ha dichiarato che le prossime elezioni si terranno non oltre febbraio 2019.
I politici del paese hanno chiesto a gran voce il ritorno dell’attività politica e numerosi osservatori temono che questi ritardi siano dovuti ad una volontà dell’esercito di creare consenso per potersi presentare alle elezioni. Inoltre, una serie di condanne hanno e casi giudiziari hanno lasciato il partito Pheu Thai, il maggior partito del paese nonché nemico dell’esercito e dell’élite di Bangkok, senza leadership.
Yingluck Shinawatra e Thaksin Sinawatra, fratelli e sorelle ed entrambi eletti a capo del governo, sono state le principali vittime di queste inchieste. Il clan Shinawatra è stato costretto all’esilio ed un loro ritorno in politica sembra altamente improbabile. Secondo molti il colpo di stato dell’esercito è stato motivato anche dalla volontà di eliminarli dalla sfera politica del paese una volta per tutte.
Fonte: The Straits Times
Link: http://www.straitstimes.com/asia/se-asia/thai-junta-vows-to-lift-politics-ban-in-june
31 marzo, sud est asiatico – Cambridge Analytica nel sud est asiatico
La società madre del gruppo britannico di consulenza Cambridge Analytica (CA) avrebbe lavorato nel sud est asiatico per la prima volta circa due decenni fa. Secondo il sito Quartz, la società avrebbe influito sulle proteste popolare in Indonesia e avrebbe facilitato l’elezione di Thaksin Shinawatra in Tailandia.
Secondo i documenti recuperati dal sito Quartz, il gruppo di consulenza britannico SCL Group arrivato in Indonesia dopo la caduta del presidente Suharto nel 1998.
SCL è successivamente diventato CA, adesso accusato di aver usato i dati di oltre 50 milioni di utenti Facebook per influenzare l’elezione di Donald Trump nel 2016.
SCL ha dichiarato aver iniziato il suo operato in Indonesia a richiesta dei “gruppi pro-democrazia” per “assistere una campagna nazionale per le riforme politiche e democratizzazione” in un paese scosso dalla crisi economica asiatica e che dopo una dittatura durata 30 anni si era improvvisamente ritrovato senza leader.
In totale, secondo il report di Quartz, SCL potrebbe aver lavorato su oltre 100 elezioni in oltre 32 paesi. Secondo altri media tra questi paesi ci sarebbero Malesia, India Kenya e Brasile.
In Indonesia il gruppo avrebbe sorvegliato centinaia di cittadini indonesiani, gestito la comunicazione di numerosi politici e addirittura organizzato varie manifestazioni per aiutare le università a “far sfogare” gli studenti.
Alla compagnia sarebbe stato richiesto di occuparsi della crescente frustrazione nei confronti dell’amministrazione del presidente B. J. Habibie e avrebbe cosi monitorato 72.000 persone.
Secondo i documenti di Quartz i giovani in età universitaria erano il gruppo più propenso a creare disordini mentre le generazioni più anziane si dimostravano più preoccupate dall’insubordinazione.
SCL decise quindi di concentrare i propri sforzi sui cittadini dai 18 ai 25 anni ed incanalare le loro frustrazioni in attività che non creassero disordini civili. Secondo numerose ricerche nelle scuole e nelle università condotte dalla società di consulenza, la maggior parte di questa popolazione giovanile era in disaccordo l’aumento di presenza militare e poliziotta nelle strade.
Perciò, SCL decise di promuovere delle “proteste organizzate” per attrarre i giovani e tenerli fuori dalle proteste violente – a quanto pare in stretta collaborazione con il governo.
“Questo è stato possibile stabilendo un comitato per le manifestazioni e dei finanziamenti per le attività in tutto il paese” si può legge nei documenti del SCL. “Gli eventi erano così imponenti che tra gli studenti si era creata l’impressione che le loro voci fossero state ascoltate”.
Secondo il gruppo, le loro attività avrebbero ampiamente contribuito a diminuire i rischi di disordini e avrebbero convinto il presidente Habibie a lasciare la propria carica e aprire così la presidenza ad Abdurrahman Wahid. Sempre secondo i documenti di Quartz il gruppo SCL sarebbe stato incaricato di organizzare la campagna di Abdurrahman e del National Awakening Party.
Secondo Ian Wilson, un esperto del paese e professore alla Murdoch University, le rivendicazioni del SCL di aver impedito le violenze sono una “esagerazione”. “Sarebbe stato, al meglio, un piccolo elemento tra tutto quello che stava succedendo in quel momento”, “Le forze in campo e i giochi di potere erano semplicemente troppo grandi per essere influenzati in questo modo”.
I documenti del SCL dichiarano che la compagnia sarebbe entrata nella mischia politica tailandese prima delle elezioni del 2001 che hanno visto trionfare il miliardario Thaksin Shinawatra.
Il gruppo sarebbe stato incaricato di misurare la portata della compra-vendita di voti che avrebbe portato a far drasticamente aumentare i costi delle campagne elettorali ad oltre un miliardo di dollari.
“La compra-vendita di voti era diventato un fenomeno così importante che un’intera industria di rivenditori era emersa” secondo la fonte di Quartz. “Era abbastanza comune per gli elettori di vendere il proprio voto due volte per poi non andare neanche a votare”.
Il gruppo SCL dichiara di aver impiegato oltre 1200 persone per raccogliere dati per circa nove mesi per scoprire che in circa metà dei distretti la compra-vendita dei voti non aveva nessuna influenza sul risultato finale. Una scoperta che secondo il gruppo valeva di per sé 250 milioni di dollari.
Tuttavia, nelle altre circoscrizioni “un intervento comportamentale più diretto era necessario” che secondo i documenti poteva implicare “pressione sociale, sanzioni economiche, azioni legali e una maggiora sorveglianza”.
L’azienda britannica dichiara di essere intervenuta per oltre 6 mesi, a quanto pare in “cooperazione con la maggior parte dei maggiori partiti politici”, con la vittoria finale di Thaksin.
Duncan McCargo, professore all’Università del Leeds e esperto del paese ha dichiarato “Non ci sono dubbi che alcuni partiti politici tailandesi abbiano richiesto l’aiuto di gruppi di consulenza internazionali per aumentare le loro probabilità di vincere le elezioni, e questo era certamente il caso di Thaksin e del Thai Rak Thai nel 2001”.
Fonte: The Straits Times
Link: http://www.straitstimes.com/asia/se-asia/controversial-firm-linked-to-s-e-asia
1 aprile, Vietnam – Cina e Vietnam promettono di mantenere la pace nel Mar Cinese Meridionale
I rappresentanti cinesi e vietnamiti si sono incontrati per discutere del Mar Cinese Meridionale e hanno entrambi promesso di mantenere i propri rapporti pacifici. La contesa del Mar Cinese Meridionale è sempre stata fonte di tensioni tra i due paesi, la sua importanza economica e strategica lo rendono un punto caldo della regione.
Una serie di isole artificiali costruite dalla Cina e con importanti capacità militari hanno creato forti tensioni tra i due paesi. I ministri degli affari esteri di entrambi i paesi hanno però deciso di calmare i toni: “Entrambe le parti devono cercare di risolvere la questione in maniera pacifica. Entrambe le parti non devono applicare misure unilaterali che potrebbero complicare la vicenda.” Ha dichiarato il ministro degli affari esteri cinese durante la sua visita ufficiale in Vietnam.
Fonte: The Straits Times
Link: http://www.straitstimes.com/asia/se-asia/beijing-hanoi-promise-to-keep-peace-in-south-china-sea
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