Rassegna settimanale 22 – 28 gennaio: Sud est asiatico
22 gennaio, Bangladesh – Rimandato il rimpatrio dei Rohingya
È stato annunciato che verranno posticipate le operazioni di rimpatrio dei Rohingya che dovevano iniziare questa settimana. Numerose voci si erano alzate per denunciare quello che sembra un’operazione prematura e avventata. Secondo la International Organisation for Migration sarebbero oltre 688.000 i Rohingya che si trovano attualmente in Bangladesh.
L’organizzazione Arakan Rohingya Salvation Army (ARSA), gruppo di ribelli armati Rohingya, ha dichiarato sul proprio account twitter “Il governo terrorista birmano ha disonestamente, e in maniera ingannevole, offerto ai rifugiati di recarsi in quei cosi-detti campi temporanei (campi di concentramento) nel nord dello stato di Arakan piuttosto che tornare nelle loro terre e villaggi ancestrali”. Inoltre, hanno chiesto ad Aung San Suu Kyi di essere “più realistica, prudente, civilizzata e umana”.
Le Nazioni Unite, numerosi accademici e vari gruppi umanitari hanno espresso i loro dubbi per quanto riguarda le tempistiche e certi elementi dell’accordo. Il segretario delle Nazioni Unite Antonio Guterres si è detto preoccupato che l’UNHCR non sia coinvolto e ha dichiarato “Quello che è essenziale è essere sicuri che questi ritorni siano volontari; queste persone devono poter tornare sulle loro terre in modo sicuro e dignitoso.”
Fonte: Asian Correspondent
Link: https://asiancorrespondent.com/2018/01/rohingya-repatriation-delayed-burma/#iBcMZg8GOS2iFUjB.97
23 gennaio, Indonesia – Washington e Jakarta pronte ad aumentare la propria collaborazione
Gli Stati Uniti hanno deciso di ad aumentare le proprie collaborazioni con lo stato indonesiano in ambito strategico-militare sulla sicurezza navale e operazioni di controterrorismo. L’Indonesia si troverà ad essere il fulcro della strategia navale americana nella zona India-Pacifico, volta ad assicurarsi che le leggi internazionali ed il diritto di libero passaggio vengano rispettati ha dichiarato il segretario della difesa americana James Mattis.
Inoltre, il segretario ha fatto sapere che l’Asean, di cui l’Indonesia è un membro fondatore, rimane centrale per la pace regionale e gode del pieno appoggio americano. Mattis ha poi lodato gli sforzi del paese per quanto riguarda il contro-terrorismo “(hanno) svolto un ottimo lavoro negli ultimi dieci anni. Possiamo imparare molto da loro e dobbiamo lavorare insieme su questa tematica”.
Infine, il segretario americano, nel suo giro per il sud-est asiatico, si recherà in Vietnam dove discuterà col proprio alleato la tematica del Mar Cinese Meridionale e delle rivendicazioni Cinesi. “Devo capire meglio come pensano che le cose si svolgeranno quando cercheranno di proteggere la propria sovranità nelle loro acque territoriale e la loro zona economica esclusiva”.
La visita di Mattis nel sud-est asiatico è la diretta conseguenza della nuova strategia americana annunciata settimana scorsa a Washington, incentrata sul rafforzamento dei rapporti con i propri partner regionali. Indonesia e Vietnam, in misure diverse, si stanno scontrando contro la politica estera cinese che rivendica la quasi totalità del Mar Cinese Meridionale in piena violazione del diritto internazionale.
Fonte: The Strait Times
Link: http://www.straitstimes.com/asia/se-asia/us-to-work-with-indonesia-on-maritime-security-counter-terrorism
24 gennaio, Vietnam – Il governo lancia un’operazione anticorruzione
Il governo di Hanoi ha lanciato una campagna anticorruzione contro i vertici del governo nel tentativo di rafforzare il potere del leader del paese Nguyen Phu Trong. I due processi più delicati riguardavano Dinh La Thang, condannato a 13 anni di carcere, e Trinh Xuan Thanh che ha ricevuto una condanna a vita. Entrambi sono stati giudicati colpevoli cattiva gestione delle finanze pubbliche, inoltre ad appropriazione indebita nel caso di Thanh.
Thanh era un ex leader provinciale che sarebbe stato sequestrato in Germania e trasportato in Vietnam per poter essere giudicato. Il governo contesta questa versione dichiarato che Thanh si sarebbe spontaneamente presentato alle autorità. Thang era il direttore della PetroVietnam, la compagnia energetica nazionale, prima di essere nominato ministro del trasporto del 2011.
Appena resa pubblica la sentenza, Trong ha dichiarato “il partito deve rimuovere dal governo i disonesti e i corrotti. Deve ripulire il sistema”. Numerosi esperti hanno dichiarato che questa campagna potrebbe essere una purga politica e hanno paragonato questo movimento a quello del leader cinese Xi Jinping.
Fonte: The Straits Times
Link: http://www.straitstimes.com/asia/se-asia/anti-graft-drive-in-vietnam-gets-boost
25 gennaio, Sud est asiatico – I servizi segreti del sud est asiatico lanciano un progetto di cooperazione antiterrorista
In totale sono sei i paesi del sud est asiatico ad aver deciso di aderire all’iniziativa “Our Eyes”, volta a combattere i terroristi islamisti e migliorare la cooperazione tra i vari servizi segreti. Ogni due settimane si riuniranno gli alti ufficiali per la difesa dei rispettivi paesi e si scambieranno informazioni per creare un grande database comune degli estremisti violenti. L’iniziativa servirebbe anche a sormontare la scarsa fiducia tra i paesi, ossia Indonesia, Malesia, Filippine, Singapore, Tailandia e Brunei.
Durante la battaglia di Marawi nella quale centinaia ribelli islamisti hanno combattuto ferocemente contro l’esercito filippino per oltre cinque mesi, dozzine di combattenti erano stranieri. La maggior parte di loro erano indonesiani e malesi, arrivati nelle filippine attraverso le frontiere poco sorvegliate nella zona del Mare di Sulu. Un database comune di tutti i sospettati terroristi potrebbe aiutare i paesi a fronteggiare meglio queste crisi e addirittura prevenirle.
Fonte: The Straits Times
Link: http://www.straitstimes.com/asia/se-asia/south-east-asian-states-launch-intelligence-pact-to-counter-islamist-threat
26 gennaio, Birmania – Crisi Rohingya: si dimette uno dei consulenti internazionali
Aung San Suu Kyi avrebbe perso qualsiasi senso di realtà a proposito della pulizia etnica dei Rohingya, dopo che circa 700.000 persone sono dovute scappare in Bangladesh per via delle violenze militari? È quello che pensa un ex-governatore americano Bill Richardson, che si è appena dimesso con fragore dal “Comitato consultivo” formato dalla leader birmana per sconsigliarla sulla situazione nello stato di Rakhine.
Richardson ha dichiarato di non poter continuare a lavorare per un comitato che secondo lui non è altro che “una macchina da propaganda” usata per “ripulire” le azioni dello stato e dell’esercito, ignorando le questioni cruciali come le “violazioni dei diritti umani”. L’uomo accusa Suu Kyi di aver perso qualsiasi credibilità in quanto “leader morale” del paese.
Venendo da parte di un amico di lunga data della “Lady” – il loro rapporto risale a quando Richardson era l’ambasciatore americano alle Nazioni Unite durante l’amministrazione Clinton – l’accusa è ancora più pesante. Soprattutto considerando che è un momento molto complicato per la vincitrice del premio Nobel per la pace nel 1991. Gli viene rimproverata la propria passività di fronte ad una crisi che ha già fatto più di 6000 morti, senza contare gli incendi dei villaggi musulmani, gli stupri di massa e le esecuzioni sommarie.
Giovedì 25 gennaio, Richardson ha portato il colpo di grazie durante un’intervista al New York Times: secondo lui, Suu Kyi si è persa nell’ “arroganza del potere” ed è isolata in una “bolla” dov’è circondata “di leccapiedi che non le descrivono la realtà dei fatti”.
L’ex governatore americano, nella prima parte della settimana, durante una cena organizzata da una decina di personalità birmane e straniere facendo parte del “comitato consultivo”, ha avuto uno scambio piuttosto teso con Aung San Suu Kyi: dopo che Bill Richardson abbia osato evocare la situazione dei due giornalisti della Reuters incarcerati con l’accusa di “divulgazione di segreti di stato”, un reato che può costare fino a 14 anni di carcere, la leader birmana è scoppiata in un violento scatto di rabbia, gridando al suo “amico” che non doveva parlare di questioni che non lo riguardavano. “Il suo viso tremava” ha spiegato l’ex governatore, aggiungendo che aveva avuto l’impressione che se fosse stata “più vicina, mi avrebbe picchiato talmente era furiosa”.
Al di là dello scambio molto duro con la “Lady di Rangoon”, le affermazioni di Bill Richardson testimoniano per la prima volta dall’inizio della crisi quello che potrebbe essere lo stato d’animo di Suu Kyi. Quest’ultima non sembra solo patteggiare, per ragioni di “realpolitik”, con l’esercito che ha sempre criticato: oggi, quando si critica davanti a lei gli eccessi dei militari, se la prende con il resto del mondo. Richardson ha dichiarato essere sbalordito dalla “denigrazione” sistematica da parte della leader contro le Nazioni Unite, i media internazionali, le organizzazioni per la difesa dei diritti umani e gli altri premi Nobel… “La lista dei nemici è molto lunga” ha ironizzato l’americano.
Dall’autunno del 2016, da quando sono iniziati i crimini su larga scala da parte dell’esercito, un certo numero di osservatori internazionali e diplomatici hanno insistito sul fatto che Aung San Suu Kyi non aveva altra scelta, pubblica, che sembrare di patteggiare con l’esercito, che conserva una parte enorme dei poteri malgrado il processo di “democratizzazione”. Potrebbe darsi che però, anche in privato, la Lady abbia fatto un passo avanti verso i suoi ex carcerieri.
Fonte: Le Monde
Link: http://lemonde.fr/asie-pacifique/article/2018/01/26/rohingya-un-ex-diplomate-americain-denonce-l-attitude-d-aung-san-suu-kyi_5247500_3216.html
27 gennaio, Indonesia – L’Indonesia a caccia di finanziamenti per le sue infrastrutture
Il presidente indonesiano Joko Widodo è ancora alla ricerca di circa 150 miliardi di dollari per finanziare il suo ambizioso progetto di nation-building. L’economia più importante del sud-est asiatico è rimasta notevolmente indietro rispetto alle altre economie emergenti, secondo i dati della banca mondiale, il gap infrastrutturale con gli altri paesi emergenti è di circa 1.500 miliardi di dollari. La mancanza di strade e veri e propri collegamenti tra le oltre 17 000 isole dell’arcipelago sono tra le numerose barriere logistiche che rendono il paese poco attraente da un punto di vista imprenditoriale.
Il governo centrale può finanziare una parte molto limitata dei 327 miliardi di dollari stimati per la totalità del progetto. La maggior parte dei fondi proverranno da investitori privati, inclusi cinesi. Considerando la forte spinta cinese per costruire una rete infrastrutturale attraverso tutta l’Asia a sostegno del proprio progetto colossale “Belt and Road Initiative”, la seconda economia al mondo sembra l’investitore più ovvio.
“A dire il vero, ci sono solo una manciata di paesi con un surplus di soldi” ha spiegato Rainier Haryanto, il diretto del programma per il governo indonesiano ‘Committee to Accelerate Priority Infrastructure’. “Gli Stati Uniti sono indebitati. Il Giappone è anch’esso indebitato” ha dichiarato, ma i cinesi hanno soldi a disposizione. “E alla fine, il denaro è re.”
Fonte: The Straits Times
Link: http://www.straitstimes.com/asia/se-asia/jokowi-chasing-196b-to-fund-5-year-infrastructure-plan
28 gennaio, Malesia – La Malesia protesta contro la decisone dell’EU sull’olio di palma
Lo stato malese potrebbe essere portato a rivedere le proprie pratiche commerciali con l’Unione Europea dopo che i legislatori di Bruxelles abbiano deciso di vietare l’uso dell’olio di palma per la produzione dei biocarburanti. La decisione del parlamento europeo si inserisce all’interno del tentativo da parte dell’Unione di ridurre drasticamente il proprio impatto ambientale.
L’Indonesia e la Malesia producono circa il 90 percento dell’olio di palma e sono naturalmente preoccupati dalla mossa di Bruxelles. Entrambi hanno definito la mossa discriminatoria e che ci dovrebbe essere un trattamento uguale per tutti i produttori di oli vegetali. La Malesia ha fatto sapere che potrebbe smettere di importare prodotti provenienti dall’Unione Europea.
Fonte: The Straits Times
Link: http://www.straitstimes.com/asia/se-asia/malaysia-reviewing-trade-with-eu-after-brussels-moves-to-ban-use-of-palm-oil-to-make
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