Rassegna settimanale 6-12 novembre: Sud Est Asiatico

Rassegna settimanale 6-12 novembre: Sud Est Asiatico

6 novembre, Vietnam – Aumentano i morti dopo il passaggio del tifone

Il passaggio del tifone Damrey sulla parte centrale del Vietnam ha causato 61 morti secondo le autorità vietnamite, altre 28 persone sono scomparse. Più di 2.000 case sono state distrutte e altre 80.000 sono danneggiate, inoltre numerose strade sono impraticabili. Il primo ministro Nguyen Xuan Phuc ha riunito i suoi ministri per una riunione di emergenza.

La situazione dovrebbe però peggiorare ulteriormente. Gli esperti hanno avvertito i ministri che per via del tifone, le dighe hanno raggiunto un tasso di riempimento allarmante. L’unica soluzione è rilasciare la pressione facendo scorrere grandi quantità di acqua che peggioreranno le alluvioni in corso nel paese.

La zona toccata è proprio quella prevista per ospitare il 10 novembre il summit APEC dei leader della regione Asia Pacifico tra i quali il presidente statunitense Donald Trump, Xi Jinping e Vladimir Putin. Le autorità hanno mobilitato l’esercito per ripulire al più presto l’area.

Fonte: The Straits Times
Link: http://www.straitstimes.com/asia/se-asia/death-toll-from-vietnam-storm-tops-60-and-dams-near-bursting

7 novembre, Indonesia – Le università indonesiane al centro della radicalizzazione

Quando lo scorso anno degli studenti del prestigioso Institute of Agricultural Studies hanno prestato giuramento al califfato islamico, il video messo su internet è diventato virale e ha allarmato il governo.

Alcuni mesi dopo il presidente indonesiano Joko Widodo ha sciolto il gruppo radicale Hizub ut-Tahrir Indonesia (HTI), responsabile di aver organizzato il giuramento. Il governo ha dichiarato che lo scopo del HTI di formare un califfato, erano incompatibili con la costituzione e che inoltre, fossero una minaccia per la sicurezza nazionale.

Il mese scorso, con il sostegno del governo, migliaia di studenti di tutto il paese hanno prestato un giuramento anti-radicalismo. L’evento si è tenuto dopo una riunione senza precedenti a Bali di circa 3.000 accademici che hanno giurato di combattere gli estremismi e difendere la costituzione secolare.

La campagna contro il radicalismo nell’educazione è il risultato del forte aumento di un islam sempre più politicizzato ed intransigente in Indonesia, un movimento fino ad ora rimasto ai margini della società.

“Il radicalismo si può propagare come un virus all’interno delle università” ha dichiarato il rettore della State Islamic University Raden Fatah, Muhammad Sirozi. “Queste non sono organizzazione create dagli studenti ma da qualcuno al di fuori”.

La campagna per cacciare i sostenitori del califfato non si limita però solo alle università. In un documento dell’intelligence indonesiana si può vedere che circa 1.300 membri del HTI occupano posti importanti tra la funzione civile, le università, i militari e la polizia. Alcune persone citate nel documento hanno rifiutato di commentare la vicenda ma l’ex portavoce del HTI Ismail Yusanto ha dichiarato che la lista includeva alcuni membri.

Per illustrare quanto questa nuova forma di islam politico abbia guadagnato terreno uno studio ha dimostrato che circa il 20 percento degli studenti tra liceo ed università sostengono la formazione di un califfato. Oltretutto circa un quarto dei 4.200 studenti intervistati, anche se in diverse misure, erano pronti alla jihad per arrivare a questo risultato.

Registrato come un’organizzazione ufficiale sin dal 2000, il HTI ha chiesto un ricorso giurisdizionale per il proprio scioglimento. “Non ci hanno mai dato la possibilità di difenderci. Non è forse un’azione autoritaria e repressiva?” ha dichiarato Yusanto che ha paragonato questa operazione a quelle portate avanti dall’ex dittatore Suharto.

Quando gli è stato chiesto se il HTI stesse ancora operando, Yusanto ha dichiarato che nessuno poteva impedire ai membri di portare avanti il loro “Dakwah” (attività missionaria) e che queste attività devono continuare.

Il ministro dell’educazione superiore, Muhammad Nasir, aveva dichiarato nel mese di luglio che tra i membri del HTI vi erano professori “in numerose università” – l’Indonesia possiede 394 università statali e circa 3.000 private. Il ministro ha avvisato che potrebbero essere licenziati se non avessero dichiarato la loro fedeltà all’ideologia secolare Pancasila.

Ciononostante Yusante ha commentato che nessun membro del HTI è stato licenziato. Il portavoce del ministro dell’interno ha dichiarato che sarà riunita una task force per trovare i membri non ancora identificati tra la pubblica amministrazione.

Un ex membro del HTI, Ayik Heriansyah, ha dichiarato che l’organizzazione sta cercando di reclutare membri influenti della società civile e i simpatizzanti tra le forze di sicurezza per cercare di deporre il governo, o come hanno “il passaggio di potere”.

Le università sono state un punto centrale di questa operazione. Heriansyah è stato in passato il direttore del HTI all’Università dell’Indonesia e ha successivamente lasciato il gruppo dopo essere stato espulso dal comitato centrale. L’uomo ha spiegato che le potenziali reclute erano generalmente invitate a far parte dei gruppi di studio islamico. Dopo circa tre mesi viene solitamente richiesto di parteci allo studio intensivo Hizb-ut-Tahrir.

Heriansyah ha dichiarato che il divieto di operare avrebbe semplicemente spinto il gruppo ad operare clandestinamente. “Il movimento va avanti in maniera regolare, è però cambiata la struttura e la gestione”.

Il HTI non ha reso pubblico quali siano i propri membri. Raumond Arifianto, un ricercatore presso la S. Rajaratnam School of International Studies di Singapore ha stimato che tra i ranghi del gruppo ci sarebbe circa un milione di persone. In questa stima sono inclusi i simpatizzanti tra gli ufficiali dell’esercito, circa il 10/15 percento del totale. Un portavoce dell’esercito ha negato queste cifre.

Il gruppo si è anche guadagnato un’importante presenza tra i ranghi delle università statali che formano i professori delle scuole, molti professori stanno spargendo l’ideologia del HTI tra gli studenti liceali.

In un sondaggio condotto lo scorso dicembre dell’Institute for the Study of Islam and Society è emerso il dato che il 78 percento dei 505 professori di religione nelle scuole pubbliche sostiene l’implementazione delle leggi della sharia in Indonesia. La ricerca ha anche dimostrato che il 77 percento dei gruppi islamici tentano di portare avanti questo obbiettivo.

Muhammad Abdullah Darraz, direttore del Maarif Institute, che promuove l’armonia religiosa e culturale, ha dichiarato che il HTI si è concentrato sulle lezioni di religione dei licei per cercare di propagare questa ideologia.

Il portavoce del HTI ha negato questa strategia ma ha dichiarato che i membri dovevano svolgere gratuitamente delle attività missionarie.

I gruppi islamici più importanti e moderati del paese, Nahadlatul Ulama (NU) e Muhammadiyah, che possono vantare all’incirca 120 milioni di membri hanno sostenuto l’azione del governo e la messa al bando del HTI.

Yaqut Cholil Qoumas, direttore del NU giovanile, ha dichiarato che l’Indonesia è un paese costituito da numerose religioni e culture, ma che il “HTI vuole cambiare questa diversità in una nazione definita paese islamico”.

Fonte: The Straits Times
Link: http://www.straitstimes.com/asia/se-asia/indonesias-bid-to-root-out-islamists-throws-spotlight-on-universities

8 novembre, Birmania – Il consiglio di sicurezza chiede di metter fine alle violenze

Il consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite ha esplicitamente chiesto al governo birmano di mettere fine a quello che ha definito come “un uso eccessivo della forza” e alla violenza tra le comunità. Il consiglio ha condannato le azioni del gruppo Arsa, che hanno causato la risposta da parte del governo birmano, riconoscendo però le “violazioni dei diritti umani e gli abusi” perpetrati da parte dell’esercito.

Inoltre la dichiarazione del consiglio condanna “l’uso sistematico della forza e delle intimidazioni, l’uccisione di uomini, donne, e bambini, violenza sessuale, inclusa la distruzione e gli incendi delle abitazioni” e ha chiesto che “non venga più usato un uso eccessivo della forza”. È stato però riconosciuto l’aspetto positivo dell’accordo tra la Birmania e il Bangladesh per il rimpatrio dei Rohingya in “condizioni dignitose e di sicurezza”.

L’ufficio di Suu Kyi ha risposto al consiglio di sicurezza dichiarando che il l’organo “ignori” il fatto che la crisi potrebbe essere “risolta in maniera bilaterale, in maniera amichevole, tra i due stati confinanti” e che queste dichiarazioni potrebbero “seriamente compromettere” le negoziazioni.

Fonte: Asian Correspondent
Link: https://asiancorrespondent.com/2017/11/security-council-demands-burma-end-excessive-military-force-rakhine/#vTCWgXebKorxPbEo.97

9 novembre, Filippine – Duterte vuole ospitare un summit per i diritti umani dopo aver ammesso di aver già ucciso una persona

Il presidente filippino Rodrigo Duterte ha dichiarato che il suo paese potrebbe ospitare un summit mondiale sui diritti umani. La dichiarazione sembra in totale contrasto con le sue politiche da quando è stato eletto lo scorso anno. L’amministrazione del presidente è duramente criticata per la guerra alla droga in corso nel paese che avrebbe fatto quasi 13.000 morti.

Il presidente ha dichiarato durante la sua visita in Vietnam “Organizziamo un summit su come si possono proteggere i diritti di tutti” e “Cosa rende la morte di un filippino più importante di tutti bambini uccisi e massacrati nel mondo?”. Queste dichiarazioni sono arrivate poco dopo aver reiterato la minaccia di tirare un schiaffo all’investigatrice delle Nazioni Unite sulla questione della guerra alla droga.

Inoltre lo scorso settembre il partito di maggioranza del presidente aveva assegnato all’indipendente commissione per i diritti umani un budget inferiore a 20 dollari in risposta alle critiche contro la presidenza. La decisione è stata successivamente modificata. Ciò che rende ancora più sorprendente questa nuova uscita del vulcanico presidente è il fatto che abbia pubblicamente ammesso di aver già ucciso qualcuno quando aveva 16 anni durante una rissa.

Fonte: Asian Correspondent
Link: http://www.straitstimes.com/asia/se-asia/duterte-says-he-once-stabbed-a-person-to-death-threatens-to-slap-un-rights-rapporteur

10 novembre, Indonesia – Più di mille persone detenute da un gruppo separatista

L’esercito indonesiano ha dichiarato esser pronto a prendere misure forti contro i ribelli che hanno minacciato di “distruggere” le operazioni minerarie della Freeport-McMoran Inc. La polizia ha dichiarato che il gruppo ribelle ha dei legami con il movimento Free Papua Movement e che stanno attualmente impedendo a più di mille persone di cinque villaggi diversi di lasciare l’area.

Uno stato d’emergenza è stato dichiarato e almeno altri 300 soldati sono stati mandati nella regione dopo una serie di attacchi che hanno ucciso un poliziotto e feriti sei il 17 agosto. Il gruppo West Papua National Liberation Army (TPN-OPM), tramite il suo rappresentante Hendrik Wanmang, ha negato occupare i villaggi e che nessuno dei suoi 2.000 soldati sono stati impiegati per occupare i villaggi. Wanmand ha negato anche le accuse secondo le quali il gruppo avrebbe stuprato e torturato gli abitanti.

Un portavoce della polizia, Suryadi Diaz, ha dichiarato che relativamente tranquilla e che le comunità stavano operando “come al solito”. “Non sono ostaggi, ma se vogliono lasciare il villaggio devono passare i posti di blocco di questo gruppo armato criminale” ha dichiarato Diaz, e che la polizia sta cercando di risolvere la situazione il più pacificamente possibile. Tuttavia il capo dell’esercito indonesiano ha da parte sua commentato che se la situazione non dovesse sbloccarsi l’esercito prenderebbe misure “dure”.

Fonte: The Straits Times
Link: http://www.straitstimes.com/asia/se-asia/indonesias-army-plans-tough-response-to-separatists-threatening-mine-in-papua-province

12 novembre, Filippine – Duterte accoglie Trump tra le proteste

Il presidente americano Donald Trump, atterrato a Manila domenica 12 novembre, è stato accolto calorosamente dell’egualmente provocatorio Rodrigo Duterte, dai cori dei protestanti di sinistra “Dump Trump”.

Secondo il portavoce filippino Harry Roque, Trump e Duterte domenica hanno avuto un “molto caloroso e cordiale” primo incontro sul margine del Asia-Pacific Economic Cooperation summit a Danang, in Vietnam.

Il leader filippino, di solito dalla lingua tagliente, sta probabilmente mostrando il suo lato più affascinante al corrispettivo americano, come è stato dimostrato durante il summit dell’Asean di questa settimana.

Lunedì Trump e Duterte hanno tenuto trattative sull’estremismo violento, sulle ambizioni nucleari Nord Coreane e la guerra alla droga nelle Filippine.

Uno dei temi che probabilmente non sarà all’ordine del giorno sono i diritti umani. “Sono sicuro che non sarà lui a tirare fuori l’argomento” ha detto Duterte, riferendosi alle migliaia di omicidi sospetti nella sua sanguinaria repressione al traffico di narcotici.

Quest’ultimo ha indotto la polizia all’uccisione di oltre 3,900 sospetti, da quando Duterte è salito al governo l’anno scorso, e secondo i gruppi sui diritti umani si sarebbe macchiato di “crimini contro l’umanità”.

Il presidente americano ha dichiarato che “non può permettersi” di menzionare la questione. “Noi non parliamo di queste cose perché, prima di tutto, non sono vere, e secondo, noi non lo facciamo” ha dichiarato il presidente Filippino.

Duterte è noto per aver insultato, e aver persino pronunciato insinuazioni razziste nei confronti di Barack Obama. Il quarantaquattresimo presidente statunitense aveva espresso le sue preoccupazioni sui diritti umani risultanti dalla guerra alla droga.

Lo scorso anno, Duterte aveva dichiarato una “separazione” dagli Stati Uniti, per costringere l’allontanamento delle truppe americane. Inolre ha accusato la Central Intelligence Agency di aver complottato per assassinarlo.

Il presidente Trump, dall’altra parte, si è astenuto dal criticare il corrispettivo filippino. In una telefonata di aprile, Trump si sarebbe congratulato con Duterte per il suo “incredibile lavoro sul problema della droga”.

Quest’ultimo ha dichiarato ai giornalisti di aspettarsi “momenti interessanti” con Trump.

“Sospetto fortemente che vedremo una fratellanza di maschi alpha tra i due”, ha dichiarato Phelim Kine, il deputato sulla vigilanza dei diritti umani in Asia. Tuttavia per qualche gruppo di sinistra, Trump rimane il “CEO di un governo imperialista statunitense”, come dichiarato da uno studente.

Dozzine di protestanti sono rimasi feriti nei tumulti causati dalla polizia, addestrata a reagire con cannoni ad acqua, durante la marcia sull’ambasciata americana al coro “Dump Trump” e “abbasso l’imperialismo americano”, poco prima dell’arrivo di Trump a Manila.

Le Filippine sono state l’ultima fermata del tour presidenziale che lo ha portato in Giappone, Corea del sud, Cina e Vietnam.

Fonte: The Straits Times
Link: http://www.straitstimes.com/asia/se-asia/trump-arrives-in-philippines-for-asian-leaders-summit

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