Rassegna settimanale 18 – 24 settembre: Africa Subsahariana
18 settembre, Sud Sudan – Il Paese si avvia verso l’energia nucleare
Il ministro sudanese per le Risorse idriche, l’Irrigazione e l’Elettricità, Mutuaz Musa parlando ad una conferenza dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica (Aiea), ha dichiarato che è stato individuato il sito per la costruzione del primo impianto nucleare per la produzione di energia elettrica del paese. Il progetto, annunciato anni fa, prevede la costruzione di un impianto con quattro reattori nucleari che dovrebbe entrare in funzione entro il 2030.
Per la realizzazione dell’impianto sono già stati firmati vari accordi, fra cui uno con la Cina per la costruzione di un reattore atomico della potenza di 600 megawatt, oltre a numerosi memorandum relativi ad accordi anche con la Russia. Musa ha anche annunciato che il parlamento ha approvato una proposta di legge, con la cooperazione tecnica di del dipartimento dell’IAEA, per il controllo e la regolamentazione delle attività inerenti il nucleare e per garantire che avvengano in sicurezza (i riferimenti si concentrano soprattutto sulla sicurezza alimentare nei prodotti animali e vegetali).
Fonte: Sudan News
Link: http://sudan.wadihalfa.net/sudan-completes-preliminary-surveys-of-nuclear-power-plant-minister/
20 settembre, Camerun – Giornalisti, non terroristi: in Camerun la legislazione antiterrorismo viene usata per silenziare i giornalisti
La legge anti-terrorismo in Camerun viene utilizzata dalle autorità per arrestare e intimorire i reporter locali e giornalisti politici. A denunciarlo è un rapporto diffuso mercoledì dall’organizzazione Committee to Protect Journalists (Comitato per la protezione dei giornalisti – CPJ) secondo cui la legge anti-terrorismo è utilizzata per impedire agli operatori dei media di raccontare quello che accade sul fronte della guerra a Boko Haram, nell’estremo nord del paese, o sulle repressioni delle proteste contro le politiche del governo nelle due regioni nord-occidentali di lingua inglese. Il rapporto sostiene che ci sono alti rischi in vista delle elezioni del prossimo anno, perché i giornalisti si allontanano da questioni sensibili per paura di ritorsioni. “Quando si equipara il giornalismo al terrorismo, si crea un ambiente in cui pochi giornalisti sono disposti ad entrare nel merito di questioni spinose, per paura di rappresaglie” ha affermato Angela Quintal, direttore del programma CPJ Africa e autrice della relazione. “Il Camerun deve modificare le sue leggi e smettere di sottoporre i giornalisti – che sono civili – a procedimenti giuridici davanti a tribunali militari”, ha aggiunto.
Dal 2014, data dell’entrata in vigore della legge, ad oggi sono stati numerosi i giornalisti arrestati. La legge permette infatti alle autorità, di di trattenere indefinitamente coloro che sono accusati di “terrorismo” e di condannarli a pene che arrivano fino a quella capitale. Tra gli arrestati c’è il corrispondente dell’emittente Radio France Internationale (Rfi) Ahmed Abba, arrestato nel luglio del 2015 e condannato a 10 anni di carcere da un tribunale militare. Il giornalista indagava sul contrasto del governo ai terroristi nigeriani Boko Haram nel nord del paese.
Fonte: Committee to protect journalist e Al Jazeera
Link: https://cpj.org/reports/2017/09/journalists-not-terrorists-cameroon-anti-terror-imprisoned.php
http://www.aljazeera.com/news/2017/09/cameroon-anti-terror-law-silence-media-cpj-170920112612527.html
Kenya – Sostenitori di Kenyatta protestano contro l’annullamento del risultato elettorale
I sostenitori del partito del presidente Kenyatta, uscito vittorioso dalle elezioni presidenziali che si sono tenute in Kenya l’8 agosto, si sono riuniti per protestare davanti alla Corte Suprema, che il mese scorso ha annullato l’esito del voto a causa di accertate irregolarità durante le elezioni, che sono state definite “non chiare e né verificabili”. La polizia ha lanciato gas lacrimogeni tentando di disperdere i manifestanti. Il ritorno alle urne tra Kenyatta e Odinga è stato fissato il prossimo 17 ottobre, ma l’azienda francese che si occupa del voto elettronico, ha affermato che il processo per installare nuovamente il sistema di voto sarà lungo e che difficilmente l’operazione sarà terminata in tempo. Intanto il presidente della Corte Suprema David Maraga, ha denunciato gravi intimidazioni per il suo staff dal momento dell’annuncio della decisione, avvenuta il 1° settembre.
Maraga ha inoltre dichiarato: “Importanti leader politici hanno minacciato il sistema giudiziario, promettendo di ‘riportarlo nei ranghi’ e di ‘dargli una lezione’” ripetendo le precise parole pronunciate ripetutamente in questi giorni dal presidente uscente Uhuru Kenyatta e William Ruto, il suo vice. Maraga ha accusato anche l’ispettore generale della polizia, Joseph Boinnet, di non avere prestato la dovuta cautela alle numerose denunce di minacce dei giudici favorevoli all’annullamento delle elezioni.
Tanzania – A rischio la libertà di stampa e di espressione nel Paese
Il governo della Tanzania ha sospeso per 24 mesi i lavori del Mwanahalisi, giornale indipendente, dopo la pubblicazione sul giornale della lettera di un cittadino contenente una critica al presidente John Magufuli e la sua amministrazione, alludendo al coinvolgimento del governo nel tentato assassinio del legislatore dell’opposizione Tundu Lissu. Secondo il portavoce del governo Abbasi, la lettera è stata l’ultima in una lunga serie di violazioni di “etica, principi della professione giornalistica, e pubblicazione di articoli falsi e sediziosi che mettono in pericolo la sicurezza nazionale”. Il giornale era da tempo nel mirino del governo. Fu fermato più volte in passato, per tre mesi nel 2008 e poi per tre anni tra il 2012 e il 2015. Questa è una delle numerose mosse restrittive a scapito della libertà di stampa e di espressione che ad esempio ha colpito lo scorso giugno, anche un altro giornale, il settimanale Mawio, sospeso per due anni per aver pubblicato degli articoli che collegano i due ex presidenti tanzaniani, Benjamin Mkapa e Jakaya Kikwete, a presunte irregolarità in contratti minerari con società straniere, firmati negli anni ’90 e nei primi anni del 2000. Dalla sua elezione, ad ottobre 2015, Magufuli ha infatti chiuso diversi giornali, ha bandito le manifestazioni di opposizione, ha oscurato le trasmissioni in diretta delle sessioni parlamentari e ha soffocato il dissenso anche sul web.
Fonte: Reuters
Link: https://www.reuters.com/article/tanzania-media/tanzania-shuts-down-newspaper-for-two-years-over-articles-on-mining-row-idUSL8N1JC51L
21 settembre, Nigeria – Il gruppo indipendentista del Biafra equiparato ad un gruppo terroristico
Il Presidente del Senato della Nigeria ha formalizzato la categorizzazione del gruppo indipendentista Indigenous People of Biafra (IPOB) come un’organizzazione terroristica illegale dopo l’annuncio dell’Alta Corte federale della capitale organizzazione terrorista e, avvallando così la richiesta del governo, sostenuta da una denuncia del capo dell’esercito nigeriano che si era scontrato con i membri del gruppo nella residenza del suo leader, Nnamdi Kanu, a Umuahia, nello stato sudorientale di Abia. Kanu aveva affermato a maggio “Abbiamo scelto una via di agitazione e richiesta pacifica, non violenta, basata sulla logica, sulla persuasione, ragione e sull’argomento”. Il tribunale ha anche ordinato lo scioglimento del gruppo e di ogni altra organizzazione che promuova simili cause, oltre alla pubblicazione dei nomi di tutti gli appartenenti all’IPOB in un bollettino ufficiale e su due quotidiani nazionali. Anche i governatori degli stati federali del sudest del paese hanno messo fuori legge il gruppo separatista. Ieri i vertici militari hanno anche annunciato che stanno rafforzando l’operazione di sicurezza nel sudest del paese – denominata ufficialmente ‘Exercise Egwu Eke’ e informalmente ‘Python Dance’.
Fonte: The Guardian
Link: https://guardian.ng/news/proscription-of-ipob-is-unconstitutional-saraki/
22 settembre, Nazioni unite – Africa: 4 Paesi africani perdono il diritto di voto
Quattro paesi africani hanno perso il diritto di voto all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite (UNGA), per non aver pagato la loro quota di adesione. Si tratta di: Somalia, Guinea Bissau, Comore e Sao Tomé e Principe. La Somalia, in particolare, deve alle Nazioni Unite un minimo di 1 milione 354 mila dollari, seguita dalle Comore (876.418 dollari), da Sao Tomé e Principe (779.636 dollari), e dalla Guinea Bissau (46.439 dollari). Lo scorso autunno l’Assemblea Generale aveva concesso una proroga per i quattro paesi, togliendo invece il diritto di voto alla Libia (pagamento minimo 6,5 milioni) e al Venezuela per il biennio 2016 – 2017.
Il pagamento delle quote è vincolante per tutti i 193 Stati membri, ed è calcolato in base a svariati fattori tra cui reddito nazionale. Il diritto di voto viene sospeso quando l’importo dei pagamenti in arretrato corrisponde o supera l’importo dei contributi versati nei due anni precedenti. La sospensione del voto non è obbligatoria, l’Assemblea Generale può consentire comunque a un membro in ritardo con i pagamenti di votare ugualmente.
Fonte: Nazioni Unite
Link: http://www.un.org/en/ga/about/art19.shtml
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