Rassegna settimanale 19-25 giugno: Sud Est Asiatico
19 giugno, Vietnam – Il destino difficile degli attivisti e dei blogger
Un report di Human Rights Watch appena pubblicato descrive le intimidazioni e le violenze subite dai blogger e gli attivisti vietnamiti. In 36 di questi casi gli aggressori erano persone in borghese che hanno provocato gravi ferite. Malgrado le riforme nel campo dell’economia e una maggiore apertura del paese, il partito comunista mantiene un forte controllo sui media e non tollera le critiche contro il regime. Secondo il rapporto polizia carica spesso gli attivisti su furgoncini o autobus per impedirgli di protestare per le strade.
Nel mese di gennaio almeno 112 blogger e attivisti erano imprigionati, 130 in meno rispetto al 2015. Secondo Human Rights Watch questo calo è coinciso con l’aumento dei pestaggi nel periodo in cui il Vietnam stava negoziando accordi commerciali con gli Stati Uniti. Anche se l’accordo finale comprende una sezione riguardante i diritti umani, è chiaro a tutti che queste tematiche sono state messe da parte per privilegiare l’aspetto commerciale.
Fonte: Asian Correspondent, https://asiancorrespondent.com/2017/06/vietnam-bloggers-activists-beaten-intimidated-watchdog/#P4WAyeuu4x5KicTX.97
20 giugno, Filippine – L’esercito lancia un’offensiva per liberare Marawi
L’esercito filippino ha lanciato una grande offensiva nella città di Marawi contro le posizioni dei ribelli. Un ufficiale dell’esercito filippino ha dichiarato che l’obbiettivo era quello di riprendere la città prima delle festività di Eid al-Fitr che marcano la fine del Ramandan. In effetti ci sono numerosi preoccupazioni che, una volta concluso il mese sacro dell’Islam, siano mandati altri rinforzi nel sud-est asiatico.
Dopo cinque settimane di una guerriglia urbana senza esclusione di colpi e 350 morti, sono sempre più grandi le preoccupazioni circa la creazione di una base operativa dello Stato Islamico nelle Filippine. I paesi confinanti con le Filippine hanno ripetutamente espresso le loro preoccupazioni a riguardo. L’obbiettivo dichiarato dell’esercito è quello di mettere fine il prima possibile a questa battaglia.
Alcuni ufficiali presenti a Marawi sono però più cauti, “non possiamo dire con certezza quando riusciremo a mettere un termine a tutto questo perché stiamo combattendo casa dopo casa e ci sono numerose trappole” ha dichiarato uno di loro.
Fonte: The Straits Times, http://www.straitstimes.com/asia/se-asia/philippines-launches-offensive-in-marawi-aims-to-end-battle-by-weekend
21 giugno, Filippine- I ribelli respinti durante l’attacco contro un’altra città
Centinaia di militanti islamisti hanno preso d’assalto un villaggio nel sud delle Filippine, attaccando un avamposto militare e occupando una scuola. Gli ufficiali dell’esercito hanno però fatto sapere che 300 uomini appartenenti a Bangsamoro Islamic Freedom Fighters (BIFF), un gruppo ultra radicale, sono stati immediatamente respinti. Il villaggio in questione, Malagakit, si trova a 190 chilometri dalla città di Marawi, dove le truppe dell’esercito e i ribelli sono entrati nella quinta settimana di un conflitto estremamente violento.
Il generale in comando delle operazioni sull’isola di Marawi ha commentato “quello che il BIFF ha fatto era un’operazione opportunistica… stavano cercando di approfittare del fatto che alcuni avamposti sono meno protetti, e pensavano che le nostre truppe fossero altrove. Ma non è così.” Nella ritirata i ribelli hanno però preso cinque ostaggi, ma nessuno di loro era un alunno della scuola. Inoltre l’attacco avrebbe avuto come obiettivo quello di distrarre le truppe filippine dalla situazione in corso a Marawi. L’attacco però non aveva la portata e l’efficacia di quello in corso a Marawi.
Fonte: The Straits Times, http://www.straitstimes.com/asia/se-asia/philippines-military-says-hostage-drama-resolved
22 giugno, Thailandia – La Thailandia non riesce a raggiungere i propri obbiettivi
Complimenti al primo ministro Prayut Chan-o-cha. Ha capito molto bene l’importanza dell’integrazione della Tailandia con l’ASEAN e le sue conseguenze per il futuro e la leadership regionale, per non parlare della propria eredità.
Malgrado questo, dopo tre anni dalla presa del potere, è chiaro che il primo ministro non è stato capace di persuadere tutti i membri del governo e gli altri gruppi d’interesse a lavorare insieme e portare avanti le politiche necessarie per fare della Thailandia il centro della comunità ASEAN.
Se questa situazione dovesse continuare, diventerà una missione impossibile. Mentre l’ASEAN celebra il suo cinquantesimo anno di nascita quest’anno, il governo e gli ufficiali lodando il proprio paese in quanto l’elemento fondatore dell’ASEAN.
La verità, però, è che dopo anni di campagna costata circa 236 milioni di dollari (2013 – 2015) per pubblicizzare il lancio della ASEAN Community nel 2015, la preparazione della Thailandia per l’integrazione è superficiale.
Le agenzie governative e i loro capi lavorano duramente ma senza alcuna coordinazione. Da quanto ha preso le redini del paese, Prayut ha dato priorità all’ASEAN, presiedendo i numerosi comitati per tutto ciò che riguarda le politiche dell’ASEAN.
Prayut ha preso gusto a partecipare ai summit ASEAN, leggere tutti i documenti, porre le domande giuste e proporre idee ai suoi colleghi ASEAN che includono la costruzione di un centro di cyber-sicurezza, migliorare il controllo delle frontiere e unire le proprie forze per lo sviluppo della regione. E molto altro ancora.
E poi, incredibilmente, durante i consigli dei ministri e incontri riguardanti l’ASEAN, non ha insistito abbastanza e non ha lottato contro le inefficienze e i problemi legali che rendono il sogno ASEAN inafferrabile. È un peccato che Prayut non abbia nessuno per monitorare e tenere il passo con le politiche riguardanti l’ASEAN.
È risaputo che Prayut vuole combattere il traffico di esseri umani, lo sfruttamento dei lavoratori, la pesca illegale. Ha spesso punito colore che non sono stati all’altezza, specialmente quando si tratta di migliorare la graduatoria annuale sul traffico di persone rilasciata dagli Stati Uniti. Nel caso dell’ASEAN però, la maggior parte delle volte non succede nulla.
Il paese deve andare avanti sulle politiche ASEAN riguardanti la sfera politica, economica e della sicurezza, così come quella sociale. Non è un segreto che non c’è nulla di nuovo nelle politiche economiche proposte.
I piani esistenti, se portati avanti e pienamente applicati, trasformerebbero automaticamente la Thailandia in un paese moderno con parternship economiche ovunque.
Ed è per questo che la Thailandia dovrebbe seguire ciò che è previsto dall’ “ASEAN Vision 2025: Forging Ahead”.
Un altro incredibile fallimento riguarda il fatto che tutti i responsabili economici fanno raramente attenzione al progetto ASEAN, l’integrazione thailandese avrebbe potuto far progressi maggiori se questo non fosse il caso. La Malesia, il Vietnam e la Cambogia, con meno euforia e minori finanziamenti sono arrivati a risultati importanti.
La Thailandia presidierà l’ASEAN nel 2019. Il dipartimento ASEAN del ministero degli affari esteri ha già pianificato diverse misure per dare una scossa al paese e migliorare il suo profilo regionale. Sarà un’opportunità irripetibile per dimostrare il vero spirito ASEAN dopo il fiasco dell’ultima presidenza di 18 mesi tra il 2009 ed il 2010.
Perciò, il leader del paese deve dare il giusto peso alle politiche future e dare la possibilità ai professionisti dell’ASEAN di gestire la vicenda. Se non dovesse essere così, lascerà dietro di sé una tragica eredità.
Fonte: The Straits Times, http://www.straitstimes.com/asia/se-asia/thailand-failing-to-live-up-to-its-asean-goals-the-nation-columnist
23 giugno, Cambogia – L’ex Khmer Rouge rifiuta di essere considerato un “assassino”
L’ex leader politico Khmer Rouge, Khieu Samphan, ha negato le accuse di genocidio e rifiuta di essere considerato un assassino durante il suo processo. Non si ritiene colpevole delle uccisioni e dei crimini descritti dalle centinaia di testimoni presenti al processo. “Non sapevo nulla di tutto ciò” e ha dichiarato che “l’idea” di un genocidio è stata fabbricata dal Vietnam.
Nel 2014 Khieu è stato dichiarato colpevole, insieme a Nuon Chea, di crimini contro l’umanità. Le accuse si concentrano sull’esodo forzato di milioni di persone attraverso il paese e di un sito di esecuzione a nord del paese dove migliaia di persone sono state fucilate e seppellite in fosse comuni.
Secondo le stime 1,7 milioni di persone sarebbero morte durante il regime dei Khmer Rouge nella seconda metà degli anni 1970 – approssimativamente un quinto della popolazione. La maggior parte delle persone sono morte per via di carestie, torture, sfinimento o malattie nei campi di lavoro o uccise durante esecuzioni di massa. Il tribunale che riunisce giudici internazionali e giudici cambogiani è stato istituito nel 2006, ma numerosi leader, inclusi Pol Pot erano già morti o sono morti duranti il proprio processo.
Fonte: Asian Correspondent, https://asiancorrespondent.com/2017/06/cambodia-former-khmer-rouge-leader-refutes-genocide-murderer-label/#OiFzbLC4fX0tG2VT.97
24 giugno, Filippine – Il leader dell’assalto di Marawi sarebbe scappato
Isnilon Hapilon, un veterano militante radicale, considerato il capo dell’ISIS del sud est asiatico sarebbe scappato dalla città di Marawi, ha dichiarato un generale filippino. “Non è più stato avvistato. Secondo alcuni report sarebbe riuscito a scappare da qualche parte ma stiamo ancora cercando di confermare tutto ciò”. Hapilon è sulla lista dei ricercati dal governo americano e sulla sua testa c’è una taglia di cinque milioni di euro.
Isnilon Hapilon è a capo del gruppo Abu Sayyaf che ha giurato fedeltà all’ISIS e ha unito le proprie forze con il gruppo terrorista Maute. Il 23 maggio le forze di sicurezza filippine hanno lanciato un raid per arrestare Hapilon e dando così il via alla battaglia di Marawi, entrata ora nel secondo mese di scontri. Le truppe governative sono impegnate in pesanti bombardamenti e costanti raid contro le posizioni nemiche e combattono casa per casa.
Il presidente filippino Rodrigo Duterte ha dichiarato la legge marziale sull’intera isola di Mindanao e in tutto il sud del paese. È l’obbiettivo dichiarato del governo è di debellare il prima possibile il gruppo dello Stato Islamico dal paese. I paesi vicini stanno seguendo la vicenda con molta attenzione e stanno approfondendo la cooperazione regionale sulle questioni di sicurezza. Negli scontri sarebbero morti 300 militanti e 67 soldati e diverse decine di civili, alcuni di loro sono tenuti come ostaggi dai ribelli.
Fonte: The Straits Times, http://www.straitstimes.com/asia/se-asia/us-wanted-terror-leader-isnilon-hapilon-may-have-fled-marawi-says-philippine-army
25 giugno, Birmania – La Birmania ha liberato 67 bambini soldato
Lo stato Birmano nel tentativo di combattere il reclutamento di minori nel proprio esercito ha rilasciato altri 67 bambini soldato. La giunta militare a capo del paese del paese per più di cinquant’anni ha costantemente reclutato minori tra i propri ranghi. La tendenza si è invertita quando è stata ristabilita la democrazia nel paese e ratificato un accordo ONU contro l’uso dei soldati bambini nel 2012.
Da allora sono stati rilasciati all’incirca 850 minori e il governo di Aung San Suu Kyi ha modificato le pratiche di reclutamento e aiutato gli ex soldati a reintegrare la società. Il processo è però lungo e complesso perché non si sa con esattezza quanti soldati siano minori in un esercito complessivo di 500.000 uomini.
A seguito di queste notizie il segretario di stato americano Rex Tillerson vorrebbe rimuovere la Birmania (e anche l’Iraq) dalla lista degli stati che usano soldati bambini. Sembrerebbe che nel prendere questa decisione il segretario di stato abbia ignorato le raccomandazioni del suo staff e dei diplomatici esperti in materia. Questo progetto è stato criticato da Human Rights Watch che lo reputa “totalmente prematuro” e potenzialmente “disastroso”.
Fonte: Asian Correspondent, https://asiancorrespondent.com/2017/06/burma-released-67-child-soldiers-first-discharge-year-unicef/#qHSlAk1HHqBR0We2.97
Featured Image Source: http://www.straitstimes.com/asia/se-asia/us-wanted-terror-leader-isnilon-hapilon-may-have-fled-marawi-says-philippine-army