Il ruolo dei social media nelle proteste e nell’attivismo sociale: un approfondimento con il professor Gerbaudo
– Chiara Galvani –
Paolo Gerbaudo è professore di Digital Culture and Society al King’s College di Londra.
La sua attività di ricerca si centra sulle relazioni tra i nuovi media e gli spazi fisici nell’attivismo politico contemporaneo e le culture giovanili.
È autore dei libri “Tweets and the Streets: Social Media and Contemporary Activism” (Pluto, 2012) e The Mask and the Flag (2017),
Con lui abbiamo approfondito il tema del ruolo giocato dai social media nelle proteste e nell’attivismo sociale, partendo dalle diverse proteste del 2011 e arrivando fino alle elezioni americane.
1-Che ruolo giocano i social media nelle proteste e nell’attivismo sociale? Hanno una funzione solo “tecnica” (creare gruppi, eventi…) o, invece, hanno anche un altro ruolo?
I social media non sono solo uno strumento ma anche un campo delle nuove forme di organizzazione e azione politica. Non si tratta solo di tecniche ma pure di sistemi simbolici i cui linguaggi, metafore, processi finiscono per influenzare il discorso e le pratiche dei movimenti sociali. Basti pensare all’idea di viralità e il modo in cui è stata usata come logica per lanciare una campagna, o alla connessione tra il discorso della condivisione dei social media e della collaborazione dei movimenti sociali. Come succede in tutte le epoche, i movimenti sociali assorbono le forme di produzione e organizzazione del sistema produttivo, forme che del resto sono state a loro volta influenzate da movimenti sociali precedenti. Non ci sarebbero Twitter e YouTube se non ci fosse stata Indymedia.
2-Se dovesse scegliere l’esempio migliore di legame fra social media e proteste, quale sceglierebbe e perché?
Forse l’esempio più iconico è quello degli eventi Facebook e il modo in cui sono stati utilizzati dagli attivisti come mezzo per lanciare grandi giornate di protesta. Si tratta di una pratica molto interessante, perchè permette di focalizzare l’attenzione e fissare le agende di migliaia di persone su una data e su un luogo. È una forma organizzativa che fa i conti con il grado estremo di dispersione spaziale, sociale, temporale del nostro sistema produttivo e della nostra esperienza quotidiana, e cerca di rispondervi individuando un punto di assembramento in cui le individualità disperse possano diventare folla.
3-Nell’introduzione al suo libro “Tweets and the streets” cita tre autori: Shirky- “king of the techno-optimists”, Evgenyi Morozov – “the prince of techno-pessimists” e Gladwell- “sostenitore dell’idea: the revolution will not be tweeted”. A distanza di alcuni anni dalla
conclusione delle diverse proteste del 2011 di cui parla nel libro, possiamo affermare che una delle due posizioni (ottimista vs pessimista) si è dimostrata più corretta dell’altra?
I social media hanno avuto un ruolo fondamentale o hanno, invece, generato solo un polverone senza risultati concreti?
Quello che non mi piace del tecnoottimismo e del tecnopessimismo è che nonostante le loro visioni opposte, alla fine combaciano nella loro visione superficiale della tecnologia come causa fondamentale di qualsiasi fenomeno. Si tratta di una visione tecnodeterminista che dimentica che la tecnologia non è un prodotto alieno ma piuttosto un prodotto della società e che quindi riflette i valori e I rapporti di forza della società in cui opera. Serve un analisi più culturale e sociale della tecnologia, e meno ossessione con lo studio delle proprietà intrinseche degli apparati tecnologici.
4-Quali sono le caratteristiche più innovative delle rivoluzioni contemporanee? Quanto i social media costituiscono un elemento innovativo chiave rispetto al passato?
Le rivoluzioni contemporanee si caratterizzano per la loro abilità di costruire momenti di mobilitazione di massa senza la presenza di strutture organizzative di massa, come quelle viste in movimenti rivoluzionari del passato. Questi movimenti riflettono il carattere
ambiguo della società digitale, il fatto che se da un lato è una società di estrema individualizzazione, dall’altro è pure una società segnata da un nuovo desiderio di comunità e solidarietà collettiva. I social media e il modo in cui vengono utilizzati dai movimenti sociali sono il riflesso di questa contraddizione.
5-Visto il risultato delle elezioni americane, si è parlato molto di come Facebook e Twitter abbiano favorito la vittoria di Trump. Crede che questo sia la dimostrazione che i social media siano ormai la fonte principale di informazione e di influenza? Molto più dei giornali e dei mezzi di comunicazione “tradizionali”?
Sicuramente i social media sono ormai divenuti in paesi come gli Stati Uniti uno strumento centrale di persuasione e mobilitazione.
Secondo un’analisi del centro di ricerca Pew il 40% degli americani ottengono le loro notizie da Facebook. Questo significa che qualsiasi movimento politico e sociale non può permettersi di prescindere dai social media, e che questo spazio acquisisce un’importanza crescente per connettere la base militante alla popolazione.
Maggiori info sul professor Paolo Gerbaudo:
Sito web d’ateneo – King’s College London: http://www.kcl.ac.uk/artshums/depts/ddh/people/academic/gerbaudo/index.aspx
Twitter @paologerbaudo
(Featured image source: Pixabay Geralt)