Rassegna settimanale 9-15 gennaio: Sud Est Asiatico
9 gennaio, Birmania – Arriva in Birmania l’inviato delle Nazioni Unite
L’inviato delle Nazioni Unite, Yanghee Lee, è arrivato in Birmania per investigare sulla questione dei Rohingya e rimarrà nel paese per 12 giorni. Il 9 ottobre nove poliziotti persero la vita dopo un attacco ad un avamposto di frontiera. Le indagini incolparono i Rohingya, accusati di aver coordinato questo assalto. Da allora l’esercito è impegnato a controllare la regione occupata da questa minoranza e secondo numerosi report, sono avvenute numerose violazioni dei diritti umanitari. Almeno 86 civili sono morti e in 34 000 hanno oltrepassato il confine con il Bangladesh.
Il governo birmano è guidato dalla vincitrice del premio Nobel per la pace in 1990, Aung San Suu Kyi. Quest’ultima respinge le accuse di crimini contro l’umanità e insiste sulla legittimità delle operazioni in corso nel stato di Rakhine. Sono emerse numerose critiche nei confronti della leader, in particolare sull’impegno nel difendere i diritti e la sua capacità di controllare l’esercito, un attore politico molto potente nel paese.
Lo stato ha limitato gli accessi al nord dello stato di Rakhine, dove il conflitto è più intenso, sia per i giornalisti che per eventuali aiuti umanitari. L’ispettore delle Nazioni Unite dovrebbe però aver accesso alla zona, oltre che alla città di Yagoon e la capitale della regione, Naypyidaw. Investigherà l’impatto del conflitto sulle popolazioni civili e ha dichiarato che “gli eventi degli ultimi mesi hanno dimostrato alla comunità internazionale che è necessario continuare a monitorare la situazione dei diritti umani in Myanmar (Birmania)”.
Fonte: Asian Correspondent, https://asiancorrespondent.com/2017/01/burma-un-rights-envoy-arrives-amid-border-unrest-report-abuse/
10 gennaio, Filippine – Che Washington si faccia da parte, arriva Mosca nelle Filippine
L’elezione del presidente Duterte ha portato le Filippine ad un importante cambiamento geopolitico.
Non sono più gli Stati Uniti a controllare la regione, ed è spettato alla Cina ed alla Russia riempire questo vuoto. Le Fillippine hanno conosciuto il lungo e duraturo rapporto con gli americani, ma Duterte ha cambiato l’orientamento del proprio paese dopo una serie di invettive e minacce di sopprimere le esercitazioni militari congiunte.
Con lo svolgersi degli avvenimenti in Ucraina e Siria, che hanno riportato Stati Uniti e Russia l’uno contro l’altro, è tornata a farsi sentire un’atmosfera da guerra fredda. Il prossimo teatro degli scontri sembra essere il sud-est asiatico. Ogni qual volta un rapporto tra due Stati va deteriorandosi, un altro attore globale è destinato ad intervenire.
Mosca è più che felice di capitalizzare la rottura dei rapporti tra Stati Uniti e Filippine.
Martedì scorso, imbarcazioni della marina militare russa si sono fermate a Manila per una visita di quattro giorni. Secondo il retroammiraglio Eduard Mikhailov, comandante della flotta navale russa nel pacifico, c’è una possibilità che esercizi militari congiunti vengano organizzati.
Continua: “Attualmente, il problema principale al mondo è il terrorismo e la pirateria, e… dovremmo affrontare questi problemi e vi faremo vedere cosa possiamo fare e vedremo cosa potete fare e farci vedere”.
Entrambi i paesi, Russia e Filippine, hanno una lunga storia di anti-terrorismo, rispettivamente in Cecenia e Mindanao. Il presidente russo Vladimir Putin e Duterte hanno importanti carriere politiche e non sono estranei dall’infrangere la legge per mantenere la propria stabilità.
L’ambasciatore Russo nelle Filippine, Igor Anatolyevich Khovaev, ha dichiarato che Mosca è pronta a migliorare i rapporti militari fra i due paesi con approvvigionamenti di armamenti comprendenti armi leggere, aerei militari e sottomarini.
Per evitare che queste azioni russe vengano viste dagli Stati Uniti come una provocazione, il console ha spiegato: “Non è una scelta tra un partner o un altro. La diversificazione significa mantenere e curare i partner tradizionali e guadagnarne dei nuovi. Quindi la Russia è pronta a diventare un nuovo affidabile alleato e un amico delle Filippine”.
Duterte si è dichiarato favorevole nel condurre esercitazioni militari congiute con la Russia. La recente visita dell’esercito russo, più precisamente la terza, sta solo aumentando le possibilità che ciò avvenga.
Mikhailov ha inoltre indicato che altri stati, tra i quali la Cina e la Malesia, potrebbero aggiungersi.
Gli Stati Uniti potranno godere di in influenza molto limitata nella regione se ciò dovesse accadere.
Non è solo con la Russia che le Filippine stanno cercando di costruire una nuova alleanza, ma anche la Cina. Dopo la preoccupazione di Pechino per la presenza americana nel Mar Cinese Meridionale, Duterte ha diminuito il numero di esercizi svolti nelle acque contese.
Il fatto che i due paesi siano andati alla Corte Internazionale di Giustizia per arbitrare la disputa sul Mar Cinese Meridionale appartiene al passato, entrambi sembrano voler migliorare i propri rapporti per l’interesse comune.
Gli Stati Uniti non hanno esplicitamente dimostrato preoccupazioni per il nascente rapporto tra la Russa ed il suo ormai ex alleato, ma è diventato chiaro che Duterte stia ostinatamente cercando di eliminare l’influenza di Washington dalla propria politica estera. La visita della Russia avviene un mese dopo che gli Stati Uniti decidono di bloccare la vendita di 26 000 fucili d’assalto alle Filippine.
Il sud-est asiatico si sta facendo lentamente sedurre dalla Russia.
Duterte dovrebbe recarsi in Russia nel mese di aprile o maggio, indicando così che un saldo rapporto tra i due stati sta nascendo.
Le Filippine non sono più l’alleato chiave della regione, pertanto non bisogna pensare che Duterte si farà influenzare oltremodo da Mosca.
Duterte ha fermamente difeso l’indipendenza delle Filippine nell’era post-coloniale, e l’intromissione russa nei confronti dei suoi vicini post-sovietici faranno procedere Duterte con cautela.
Fino ad ora, però, il rapporto tra i due paesi sarà in grado di portare solo vantaggi inaspettati per entrambi.
Fonte: Asian Correspondent, https://asiancorrespondent.com/2017/01/move-washington-moscow-coming-philippines/
11 gennaio, Birmania – Preoccupazioni per la libertà di espressione in Birmania
La vittoria della “National League for Democracy (NLD) nel 2015 è stato un momento di speranza e festa per la Birmania. Si sperava che l’epoca dell’oppressione e delle persecuzioni fossero finite.
Stando però alle dozzine di persone accusate o imprigionate dalla nuova amministrazione per le presunte diffamazioni online del regime, sembra che queste speranze siano state smarrite.
Almeno trentotto persone sono state incolpate sotto il controverso articolo 66-D, della legge sulle telecomunicazioni, negli ultimi dici mesi: da quando Aung San Suu Kyi ha vinto le elezioni.
Malgrado il fatto che la legge sia entrata in vigore sotto il precedente governo militare, questo articolo è stato implementato solo sette volte tra il 2013 e 2015.
Il drastico aumento dall’arrivo dell’attuale governo, nel quale sono presenti numerosi ex prigionieri politici, è particolarmente allarmante per i gruppi dei diritti umani, che vedono questi abusi legislativi e la costante repressione dei critici, come un segnale. È chiaro che le condizioni di libertà d’espressione si stiano deteriorando.
“La capacità delle persone di poter liberamente condividere o ricevere informazioni, anche attraverso un discorso politico, è cruciale per il funzionamento di una democrazia” spiega Daniel Aguirre, un consulente legale per la Commissione Internazionale dei Giuristi in Birmania.
Aguirre aggiunge che per poter assicurare che le leggi servano gli interessi del popolo e che non siano una minaccia per la libertà d’espressione, il parlamento dovrebbe “abolire o pesantemente emendare le sue leggi sulla diffamazione”.
La legge è stata usata per colpire un ampio spettro di commentatori, dai funzionari pubblici fino a chi fa satira sui social, gli attivisti e giornalisti. Neanche i membri del NLD sono al riparo.
Uno dei casi più importanti e mediatici è quello di Myo Yan Naung Thein, uno dei membri più importanti del partito di governo, attualmente giudicato per diffamazione.
Thein è accusato di aver insultato il comandante supremo dell’esercito. Secondo sua moglie invece “è solo criticare, con degli argomenti” e ciò non dovrebbe esser considerato come diffamazione.
Questa è solo una di una lunga lista di condanne.
U Maung Maung Tun, un giornalista della capitale, è stato condannato nel mese di dicembre per aver criticato un giornalista appartenente ad un ente statale.
In una lettera all’editore di un giornale locale, Maung Tun ha accusato U Zaw Min Aung di aver mentito. Successivamente sui social media sono state reiterate le accuse, “Ha mentito e mentito, chi ha la faccia tosta di mentire sulle pagine di un giornale?”.
Un altro caso include Ma Chaw Sandi Htun condannato a sei mesi di prigione sotto l’articolo 66-D per aver condiviso una foto satirica di un saldato che indossa vestiti femminili.
L’attivista, Patrick Kum Jaa Lee, ha passato sei mesi in prigione per aver condiviso un post diffamatorio sul Comandante Supremo birmano.
Gli abusi si sono spinti fino al denunciare due contadini per aver insultato Suu Kyi durante una nottata alcolica.
Anche se i casi sono spesso diversi tra loro, nella maggior parte dei quasi coinvolgono l’uso dei social e la condivisione dell’informazione.
Negli ultimi anni la Birmania è alle prese con la rivoluzione multimediale. Decine di milioni di persone hanno accesso al World Wide Web; un lusso precedentemente riservato ad una minoranza.
Il recente aumento degli arresti per diffamazione sta dimostrando però quanto sia vulnerabile la popolazione birmana quando comunica e condivide informazioni online. E stando ai rischi legati nel farlo, la paura di esprimersi sembra diffondersi nel paese.
Aguirre spiega che lavorando ha “incontrato membri della società civile riluttanti a parlare per una profonda paura di finire dietro le sbarre”.
La paura che l’elevato numero di condanne per diffamazione metta fine alla nascente libertà di espressione. Un timore quanto mai reale.
“La tentazione di usare le leggi di discriminazione per punire la libertà d’espressione, sia dal governo militare che dall’attuale amministrazione, mette in pericolo la libertà d’espressione d’opinione, e d’informazione” dichiara Vani Sathisan, un esperto legale indipendente che ha passato tre anni a lavorare in Birmania.
“Questo diritto alla libertà d’espressione protegge ogni forma di espressione, incluso anche quella elettronica”.
Malgrado il fatto che nel mese di novembre la commissione parlamentare abbia consigliato la rimozione dell’articolo 66-D, la legge rimane e non sembra disposta a voler cambiare.
L’aumento delle condanne sotto l’articolo 66-D avviene nel momento in cui il governo ha tentato di contenere la libertà della stampa limitando l’informazione proveniente dallo Stato di Rakhine in seguito degli scontri con la popolazione Rohingya.
Il governo continua a negare qualsiasi abuso nella regione ma rifiuta l’accesso ai giornalisti indipendenti.
“Quelli che parlano della situazione devono far fronte a minacce e intimidazioni” spiega Laura Haigh, una ricercatrice di Amnesty International in Birmania.
Con queste nuove inquietudini per lo status della libertà d’espressione, sembra proprio che le aspettative precedentemente esistenti, ovvero che il nuovo governo possa difendere le libertà civili, siano solo un’illusione.
Fonte: Asian Correspondent, https://asiancorrespondent.com/2017/01/burma-fresh-fears-freedom-speech-aung-san-suu-kyis-administration/
12 gennaio, Filippine – Il Primo ministro giapponese offre del supporto alle Filippine
Il Primo ministro giapponese Shinzo Abe è arrivato a Manila per una visita di due giorni. È il primo leader estero a far visita nel paese dall’insediamento del presidente Duterte. La visita del premier sottolinea l’importanza del Giappone in quanto partner economico e sostenitore economico. Infatti il commercio annuale tra i due paesi è pari a 18 miliardi di dollari. Inoltre attraverso il comportamento del Primo ministro giapponese si può leggere la volontà di tenersi stresso l’alleato, mentre quest’ultimo sta rivoluzionando la propria politica estera.
Shinzo Abe ha dichiarato di voler sostenere il governo di Duterte nella sua guerra alla droga senza specificarne le eventuali modalità. La speranza dello stato filippino è che il potente alleato contribuisca nel rinnovare l’equipaggiamento vetusto della marina e delle guardie costiere. L’anno scorso il Giappone ha fornito alle Filippine 2 grandi navi per controllare le proprie coste e ha annunciato di voler prestare aerei per le esercitazioni, in più delle 10 imbarcazioni per la guardia costiera già promesse al predecessore di Duterte.
Il Giappone e le Filippine sono entrambi immischiati nelle dispute territoriali con lo stato cinese, ma hanno adottato posizioni al quanto diverse. Il regime del presidente Duterte ha preferito tenere un profilo basso sulle questioni territoriali e godersi gli aiuti economici e il sostegno cinese nella guerra alla droga.
Fonte: The Straits Time, http://www.straitstimes.com/asia/se-asia/japan-prime-minister-shinzo-abe-offers-philippines-drug-war-support
13 gennaio – Thailandia, Il parlamento thailandese acconsente alle modifiche costituzionali proposte dal re
Il parlamento tailandese ha approvato con una larga maggioranza di 228 voti su 231 possibili, gli emendamenti alla Costituzione proposti dal re. La costituzione, già approvata dal voto popolare, aspettava solo l’approvazione. Il primo ministro, Prayuth Chan-ocha ha spiegato che il re intendeva modificare diversi articoli che riguardassero il suo potere, un evento molto raro da parte di un monarca thailandese.
Per poter permettere lo svolgersi di questi cambiamenti, bisognava però emendare l’attuale costituzione ad interim. Quest’ultima è in vigore da quando la giunta militare ha rovesciato nel 2014 l’ultimo governo democratico del paese. Queste operazioni respingeranno nuovamente le elezioni, originariamente previste per il 2017, fino a metà 2018 spiega il parlamentare Somjet Boonthanom.
Fonte: Asian Correspondent, https://asiancorrespondent.com/2017/01/thai-king-gets-parliaments-nod-constitutional-changes-polls-likely-delayed/
14 gennaio, Filippine – Il Giappone promette importanti aiuti economici alle Filippine
Con la visita del primo ministro Giapponese Shinzo Abe al presidente filippino Rodrigo Duterte, si apre un nuovo capitolo della politica estera delle Filippine. Il Giappone sta cercando di migliorare i propri rapporti bilaterali e di tener testa agli investimenti cinesi. Il premier giapponese porta con sé un piano di aiuti di 8.77 miliardi di dollari per una durata totale di cinque anni e i rappresentanti di 24 imprese del proprio paese.
Il cambio di alleanze operato dal presidente Duterte mette in difficoltà lo stato nipponico: è uno degli storici, ed il più potente, degli alleati statunitense in Asia, nonché rivale di Pechino. Malgrado queste tensioni diplomatiche il primo ministro Abe ha affermato che essere il primo ospite internazionale della presidenza di Duterte come un “immenso onore”, precisando però che il Mar Cinese Meridionale è centrale per la stabilità della regione. Il presidente Duterte, dal canto suo ha evitato qualsiasi riferimento alla Cina e ha definito il Giappone paese centrale per la cooperazione e la sicurezza delle Filippine.
Infatti, oltre che essere uno dei maggiori partner economici delle Filippine, il Giappone fornisce anche sostanziosi aiuti militari. Saranno dodici le navi che verranno date alle Filippine per operazioni di sicurezza marittima e contro-terrorismo. Altri accordi che includono una cooperazione in abito agricolo e per centri di disintossicazione sono stati raggiunti.
Fonte: Asian Correspondent, https://asiancorrespondent.com/2017/01/bearing-aid-gift-japans-abe-visits-philippines-dutertes-first-top-guest/
15 gennaio, Thailandia – Almeno 40 morti in Thailandia per causa delle intemperie
Le inondazioni che stanno devastando il sud della Thailandia hanno fatto almeno quaranta morti secondo le autorità. Hanno inoltre causato seri danni alle infrastrutture del paese, soprattutto per quanto riguarda la produzione del caucciù. Il turismo, settore chiave, potrebbe anch’esso risentirne per colpa di queste inondazioni eccezionali. 1.6 milioni di persone sono state colpite e numerosi snodi stradali e ferroviari sono stati interrotti.
Il responsabile del servizio prevenzioni ha dichiarato che il peggio deve ancora arrivare. La stagione delle piogge in Tailandia si conclude normalmente nel mese di novembre.
Nell’industria del caucciù, per la quale queste inondazioni fanno seguito ad un periodo di siccità durato più mesi, i danni alle piantagioni sono pesantissimi. Il paese è il primo esportatore al mondo di gomma naturale, in concorrenza con l’Indonesia. La produzione per la stagione 2016/2017 dovrebbe subire un calo del 10% secondo i responsabili del settore.
Fonte: Le Monde, http://www.lemonde.fr/planete/article/2017/01/15/les-inondations-on-fait-au-moins-40-morts-dans-le-sud-de-la-thailande_5062988_3244.html
Featured Image Source: Asian Correspondent (articolo del 11/01)