Rassegna settimanale 2-8 gennaio: Giappone e Corea del Sud
2 gennaio, Corea del Sud – Chung Yoo-ra è stata arrestata in Danimarca
Le autorità sud coreane lunedì hanno confermato che Chung Yoo-ra, la figlia di Choi Soon-sil, è stata arrestata dalle forze di polizia locali danesi.
Il team indipendente coreano che sta investigando sullo scandalo che vede coinvolta la presidente Park Geun-hye e la sua amica Choi Soon-sil, la settimana scorsa aveva richiesto un Interpol Red Notice – un’allerta per un ricercato internazionale – per l’arresto della ventenne che si presumeva stesse vivendo in Germania o in Danimarca con suo figlio.
Il team si è assicurato un mandato del giudice per arrestare la Chung e interrogarla sulle accuse di ostruzione d’affari.
Le autorità coreane hanno riferito che la Chung è stata arrestata con altre tre persone, incluso un ragazzino. Al momento si stanno organizzando per preparare l’estradizione della Chung in Corea.
Dopo le rivelazioni su come abbia ricevuto un trattamento speciale per l’ammissione e le presenze per via della stretta relazione tra sua madre e la presidente, il suo diploma di scuola superiore e l’ammissione all’Università Ewha sono stati revocati.
La Choi è stata arresta a novembre e ora sta affrontando un processo per “traffico d’influenza” negli affari di stato e aver estorto fondi alle grandi aziende sfruttando i suoi legami con Park Geun-hye.
Fonte: Korea Herald, http://www.koreaherald.com/view.php?ud=20170102000242
3 gennaio, Giappone – Con la garanzia della sicurezza americana in gioco, Abe cercherà in tutti i modi di creare dei legami con Trump
La politica estera del Giappone quest’anno naviga in acque incerte infestate dal Presidente eletto Donald Trump. La più grande priorità diplomatica del Primo ministro Shinzo Abe sarà quella di guidare il paese in questa nebbia d’incertezza forgiando una stretta alleanza con il nuovo leader americano che entrerà in carica il 20 gennaio.
Di fatto, Abe è stato molto reattivo. È il primo leader mondiale ad aver incontrato il Presidente eletto in seguito alle elezioni dell’8 novembre. È anche stato riportato che il Primo ministro avrà un summit con il 45° presidente degli Stati Uniti alla fine del mese, in seguito all’insediamento.
È troppo presto per prevedere se Abe sarà in grado di forgiare un’alleanza con Trump come quella che il primo ministro Yasuhiro Nakasone ebbe con il presidente Ronald Regan negli anni ’80, o come quella forgiata dal primo ministro Junichiro Koizumi con il presidente George W. Bush nei 2000.
Tuttavia alcuni esperti ritengono che Abe, che il 5 dicembre è divenuto il quarto più longevo primo ministro dal dopoguerra, possa servire come ponte tra gli Stati Uniti e l’Asia poiché Trump lo vede come un potente leader. Soprattutto poiché Trump sembra convinto a voler lavorare più sul piano bilaterale che su quello multilaterale, in netto contrasto con la politica del “fulcro” sull’Asia dell’uscente presidente Barack Obama.
“Per poter gestire la questione della sicurezza in Asia bisogna guardare all’intera regione asiatica. Abe può dire molto a Trump sul delicato equilibrio dell’Asia”, ha dichiarato un funzionario anziano del Ministero degli Esteri.
In linea con la politica del “ribilanciamento” di Obama per aumentare la presenza americana nella regione del Pacifico asiatico, Abe ha allargato la rete di sicurezza del Giappone in altre parti dell’Asia fornendo navi da pattuglia e ulteriore assistenza per aiutare gli americani a contenere la crescente influenza militare della Cina.
Abe sembra voler spingere i suoi sforzi ancora più in là.
Le destinazioni del suo primo viaggio oltreoceano del 2017 saranno l’Australia, le Filippine, il Vietnam e l’Indonesia. Un alto funzionario del Ministero degli Esteri ha dichiarato che il viaggio va concluso prima dell’insediamento di Trump in modo che Abe possa enfatizzare l’importanza della sicurezza multilaterale e delle strutture economiche.
La presidenza di Trump inizia in un momento in cui l’Asia è già coinvolta in importanti disordini politici.
La Corea del Sud ben presto deporrà la presidente Park Geun-hye, cosa che renderà più difficile – se non impossibile – per Seul di concludere l’accordo sulla normalizzazione dei rapporti con Tokyo per la questione delle “comfort women”.
La Corea del Nord, nel frattempo, continuerà con la sua ambizione di sviluppare armi nucleari.
Ci si aspetta che la Cina continui a dimostrare la sua forza nel Mar Cinese Meridionale e Orientale, mentre il bellicoso presidente filippino Rodrigo Duterte si sta avvicinando a Beijing e al contempo minaccia di rompere ogni accordo sulla sicurezza con gli americani.
Da parte sua, Trump ha dichiarato che Obama è stato troppo “smidollato” nel applicare la sua “politica del ribilanciamento” in Asia.
Nel complesso, le mosse di Trump sembrano indicare che sarà più aggressivo nei confronti della Cina. Rischiando di sovvertire l’ordine della regione.
Alla luce di tutto ciò, i critici concordano nel dire che nel 2017 la più grande fonte di rischio e incertezza è proprio la politica di Trump sulla Cina, soprattutto se si considera la sua completa mancanza di esperienza in diplomazia.
“Molti nell’Asia Orientale si preoccupano perché gli Stati Uniti non spingono abbastanza contro la Cina, ma si preoccupano anche che gli Stati Uniti spingano troppo contro la Cina”, ha dichiarato Malcom Cook, un ricercatore anziano all’Istituto degli Studi sul Sud-Est Asiatico. “Con Trump cresceranno anche le preoccupazioni sulla prevedibilità della politica americana per la Cina.”
Per il Giappone, la più grande preoccupazione è se e come Trump cambierà l’assetto delle relazioni tra il Giappone e gli Stati Uniti, che Tokyo e Washington hanno esaltato come la pietra miliare della pace e della stabilità della regione.
Il Presidente eletto ha già ampiamente seccato Tokyo affermando che il più importante alleato dell’America in Asia dovrebbe pagare di più per usufruire dell’estesa sicurezza garantita dalle truppe americane, nonostante nel 2016 il Giappone abbia coperto il 48.3% dei costi relativi alle basi militari americani sul territorio.
Tetsuo Kotani, un ricercatore anziano dell’Istituto del Giappone sulle Relazioni Internazionali, ritiene che Trump richiederà un aumento di quello che viene chiamato “supporto della nazione ospite” per essere allettante agli occhi dei suoi sostenitori.
Kotani, che ha potuto discutere con molti degli aiutanti più vicini di Trump, ha dichiarato che la squadra del presidente eletto sarà soddisfatta anche solo con un minimo aumento in quelle aree come i costi dei servizi.
Ma ha anche detto che queste negoziazioni potrebbero dare al Giappone una moneta di scambio per quanto riguarda le Isole Senkaku – l’insieme di isole disabitate amministrate dal Giappone ma rivendicate dalla Cina e da Taiwan.
Tokyo sta monitorando con attenzione se il presidente eletto seguirà l’esempio di Obama, che è stato il primo presidente americano a dichiarare che le isole ricadono sotto l’Articolo 5 del trattato sulla sicurezza tra il Giappone e gli Stati Uniti.
“Per lo meno, all’interno della squadra di transizione si è d’accordo sul fatto che Trump debba per lo meno citare l’Articolo 5”, ha dichiarato Kotani. “Stanno già pensando di farglielo nominare durante il suo viaggio a Okinawa, piuttosto che a Tokyo, durante il suo primo viaggio in Giappone, in modo da mandare un messaggio ancora più forte alla Cina.
Abe è anche pronto a compiacere Trump che ci si aspetta guiderà la politica estera in maniera transnazionale.
Il governo molto probabilmente rinforzerà le forze di sicurezza giapponesi con missili americani in modo da contrastare tecnologia missilistica e nucleare della Corea del Nord che è sempre in avanzamento.
La parte difficile, secondo gli esperti, è che la squadra di Trump potrebbe chiedere a Tokyo di fare di più nel Mar Cinese Meridionale, come prendere parte a pattugliamenti congiunti, cosa che anche l’amministrazione Obama aveva chiesto al Giappone.
L’anno scorso il Ministro per la difesa Tomomi Inada aveva dichiarato in un discorso al Centro per gli Studi Strategici e Internazionali di Washington che Tokyo sostiene le operazioni per la libertà di navigazione condotte dagli americani nel Mar Cinese Meridionale. Ha anche aggiunto che il Giappone aumenterà la propria presenza nella zona attraverso sforzi come prendere parte a più esercitazioni congiunte tra le Forze di Auto Difesa e la marina americana, ma si è guardata dal menzionare nuovamente la partecipazione giapponese in missioni di pattugliamento.
I funzionari del Governo affermano che il Giappone non ha abbastanza risorse per poter dispiegare nella zona a tempo indeterminato la Guardia Costiera o le Forze di Auto Difesa Marittime (FADM).
Le FADM e la Guardia Costiera, durante tutto il 2016, sono state impegnate nel Mar Cinese Orientale per affrontare le navi cinese che, in molti casi, entravano e costeggiavano le acque territoriali del Giappone, o quelle vicine. Inoltre, sempre nel 2016, le Forze di Autodifesa Aeree sono state spesso impegnate a rispondere ad attacchi rilevati di aerei cinesi.
Nel frattempo, la Cina ha già recentemente testato Trump sequestrando un drone sottomarino della marina americana.
Jaehwan Lim, un professore associato di politica internazionale all’Università di Aoyama Gakuin, ha dichiarato che è improbabile che la Cina adotti comportamenti più provocatori di questo in quanto il presidente Xi Jinping non vuole distrazioni durante la preparazione del 19° Congresso del Partito il prossimo novembre, quando la composizione della Comitato Permanente del Politburo cambierà.
Qualsiasi ulteriore coinvolgimento del Giappone, tuttavia, porterà quasi sicuramente a un atteggiamento più bellicoso da parte della Cina nel Mar Cinese Meridionale.
“Se il Giappone prenderà la decisione di essere più direttamente coinvolto nel Mari Meridionale Cinese, sarà un messaggio fortissimo alla Cina”, ha detto Lim. “Si vendicheranno moltiplicando il numero di navi da pesca nel Mar Orientale Cinese.”
Fonte: Japan Times, http://www.japantimes.co.jp/news/2017/01/03/national/politics-diplomacy/u-s-security-umbrella-stake-abe-go-forging-ties-trump/#.WGuJcPnhDIU
4 gennaio, Corea del Sud – Seoul punta a compensare il vuoto nella leadership, aumentano le pressioni sulla Corea del Nord
Nonostante il vuoto nella leadership, Seoul sta cercando di tamponarne gli effetti sulla diplomazia e sulla sicurezza di quest’anno mentre cerca anche di intensificare le sanzioni e la pressione sui programmi di sviluppo nucleare e missilistico della Corea del Nord.
Mercoledì i Ministri degli esteri, difesa e unificazione hanno tenuto il briefing di inizio anno per il presidente ad interim Hwang Kyo-ahn, chiedendo di facilitare la gestione della cosa statale e di portare a conclusione le iniziative principali dell’attuale amministrazione.
Con la sospensione dei doveri del presidente Park Geun-gye, il Primo ministro ha posto in cima alle proprie priorità la sicurezza e l’economia, modificando la sua regolare agenda per poter incontrare i tre ministri.
Il Ministro degli esteri Yun Byung-se ha dichiarato che il Paese versa nelle “peggiori condizioni diplomatiche e di sicurezza dalla fine della Guerra Fredda” citando, tra le altre cose, la minaccia nucleare della Corea del Nord, l’imminente amministrazione di Donald Trump e le crescenti pressioni dalla Cina che minaccia di costruire uno scudo contro i missili statunitensi.
“Mi aspetto che quest’anno si sviluppi una complessa situazione diplomatica e di sicurezza che non ha precedenti…Il nostro obiettivo è di rispondere attivamente alle incombenti sfide e di trasformarle in opportunità”, ha dichiarato il ministro ai giornalisti.
“A questo punto, è importante minimizzare ogni possibile lacuna e mantenere una certa consistenza e continuità nella nostra politica estera, costruendo su ciò che abbiamo imparato negli ultimi quattro anni.”
Ha sollevato la possibilità di una provocazione strategica di Pyongyang nella prima metà dell’anno, facendo riferimento a casi passati accaduti in concomitanza di cambiamenti nell’amministrazione americana, e a un certo numero di feste nazionali come quella per le celebrazioni del compleanno del leader Kim Jong-un, suo padre e suo nonno.
Nel suo discorso di inizio anno, Kim ha anche dichiarato che il paese è anche nella “fase finale” delle preparazioni per lanciare un missile balistico intercontinentale.
Per incoraggiare una pressione comune e assicurare un fluido coordinamento politico con l’amministrazione Trump, Yun ha dichiarato che ha intenzione di mettersi in contatto con la sua nuova controparte americana, Rex Tillerson, non appena avrà tenuto il suo discorso di insediamento.
“E’ imperativo promuovere il coordinamento con la leadership di Trump così da mantenere unito il fronte della comunità internazionale contro il Nord”, ha detto l’alto funzionario, citando il tweet del presidente eletto Trump in cui assicura che il lancio nord coreano non avverrà.
“Applicare una pressione diplomatica così forte richiede misure militari che siano più efficaci di quelle passate.”
Nonostante le tensioni con la Cina e la sospensione della Park, Seoul spingerà affinché si organizzi un summit trilaterale con il Giappone che, originariamente, avrebbe dovuto tenersi alla fine dell’anno scorso.
I funzionari del ministero hanno dichiarato che il Giappone, in quanto nazione ospite, ha proposto una data e le parti ne stanno al momento discutendo.
Ma la prospettiva del summit rimane grigia a causa della protesta di Beijing contro il piano di schierare il US Terminal High Altitude Area Defense in Corea. Dopo una pausa, le tensioni storiche tra Seul e Tokyo stanno nuovamente crescendo a causa della statua commemorativa delle “comfort women” costruita a Busan; inoltre, la Cina e il Giappone sono alle strette sulla questione delle isole nel Mar Orientale Cinese.
Yun ha sottolineato l’importanza di continuare sull’onda del summit trilaterale tenuto nel novembre 2015, il primo in 3 anni e mezzo.
“Per la questione della Corea del Nord, continueremo a fare leva sulla Cina, mentre cercheremo di formulare contromisure onnicomprensive contro la Cina e le sue mosse nei confronti del THAAD attraverso dibattiti con le agenzie di riferimento”, ha detto.
A causa della paralisi di tutti gli scambi transfrontalieri, il Ministero dell’unificazione si concentrerà nel porre le basi per un’unificazione domestica migliorando le politiche per i disertori e i diritti umani in Corea del Nord.
Tuttavia, il Ministero ha fatto sapere che valuterà modi per ristabilire il dialogo se ciò potesse contribuire alla denuclearizzazione della penisola.
“Non abbiamo detto che non avvieremo delle discussioni. La nostra intenzione è di tenere discussioni sulla denuclearizzazione prima, e poi espanderle ad altre materie in caso le condizioni siano favorevoli,” ha dichiarato il ministro dell’unificazione Hong Yong-pyo a una conferenza stampa.
“Affinchè le due Coree abbiano un dialogo significativo, è vitale che il Nord risolva la questione della denuclearizzazione. Tuttavia, poiché il discorso di fine anno di Kim ha fatto ribadito l’intenzione del Nord di continuare lo sviluppo nucleare, non stiamo considerando di offrire aperture per un dialogo.”
Sin dal quarto test nucleare e dal lancio di un missile a lungo raggio da parte di Pyongyang lo scorso inizio anno, Seoul si è trattenuta dal fornire assistenza umanitaria e approvare le richieste dei gruppi civici.
Hong, tuttavia, riconosce il bisogno di prolungati generi di soccorso, dichiarando che potrebbe sostenere aiuti per bambini, donne incinta e altri bisognosi e che prenderà una decisione basata su “necessità, urgenza e trasparenza.”
Fonte: Korea Herald, http://www.koreaherald.com/view.php?ud=20170104000780
5 gennaio, Corea del Sud – La Cina ammette di aver applicato delle ritorsioni come conseguenza al progetto THAAD
Il Ministro degli esteri cinese ha praticamente ammesso che il suo governo ha commesso azioni di ritorsione nei confronti della Corea del Sud come risposta al progetto del THAAD.
Durante un incontro con sette parlamentari del Partito Democratico di Corea (PDC), il ministro ha anche ribadito le richieste del governo cinese affinché venga interrotto il dispiegamento del sistema di difesa anti-missilistico americano. I sette parlamentari sono in visita a Beijing per tre giorni nel bel mezzo della disputa diplomatica tra Seul e Beijing sul sistema di difesa.
I parlamentari hanno inoltre chiesto alla Cina di interrompere le misure di ritorsione, tra cui anche il divieto di esibirsi in Cina per molte star del K-pop e del K-drama e di effettuare scambi e cooperazione bilaterale. A queste richieste, il ministro degli esteri sembra aver risposto: “il governo cinese si sforzerà di risolvere questo conflitto se il dispiegamento del sistema verrà interrotto.”
Le sue parole sono state interpretate come il suo riconoscimento dell’esistenza delle ritorsioni da parte del governo cinese, anche se non l’ha ufficialmente ammesso.
Sin dall’anno scorso, molte persone dello spettacolo coreane sono state praticamente bannate dall’esibirsi in Cina. A partire da questo mese, inoltre, Beijing ha anche improvvisamente vietato alle compagnie aeree coreane di far volare velivoli noleggiati tra i due paesi.
Wang ha detto che la Cina non desidera tornare indietro sulle ritorsioni, ma secondo i parlamentari sarebbe inimmaginabile per la nazione ammettere di voler aumentare le ritorsioni sulla Corea del Sud.
Quando lo scorso luglio Seul e Washington hanno annunciato di aver deciso di utilizzare il THAAD, hanno riferito che sarebbe stato pronto per la fine di quest’anno.
Tuttavia, recentemente hanno lasciato intendere che il dispiegamento potrebbe essere terminato prima del previsto. Il Comandante Generale del USFK lo scorso novembre ha dichiarato che il sistema avrebbe potuto essere operativo in otto-dieci mesi in modo da contrastare la crescente minaccia nucleare e missilistica proveniente dalla Corea del Nord. Il portavoce del ministero della difesa, Moon Sang-gyun, ha specificato che, sulla base del commento del generale, “il dispiegamento sarà terminato al più presto in giugno.”
Beijing ha quindi intensificato la protesta contro il THAAD argomentato che è un rischio per l’equilibrio della regione e una minaccia per i suoi interessi in materia di sicurezza.
Wang ha dichiarato che la Cina sta cercando di capire gli interessi in materia di sicurezza della Corea del Sud, e spera che quest’ultima cerchi di considerare anche quelli della Cina.
“Spero che la corsa al dispiegamento verrà fermata,” sembra aver detto. “La Cina e la Corea del Sud dovrebbero unire le forze e trovare una soluzione insieme.”
Wang ha anche riferito ai parlamentari che la Cina si oppone senza indugi ai programmi nucleari e missilistici della Corea del Nord, e che ha adottato le risoluzioni sulle sanzioni delle Nazioni Unite, rifiutando le critiche secondo cui la Cina non sta facendo la sua parte nel risolvere la questione.
In risposta, il governo sud coreano ha fatto sapere che procederanno con l’adozione del sistema di difesa, in quanto è stata una decisione sovrana basata sul diritto di auto-difesa.
Moon ha dichiarato, “Continueremo a spingere per l’adozione del THAAD sulla base di un nostro diritto sovrano.”
Dalla sua parte, il ministero degli esteri giovedì ha convocato l’ambasciatore cinese in Corea del Sud e ha notificato la posizione di Seul sulle ritorsioni.
Il ministro degli esteri Yun Byung-se lunedì ha riferito ai giornalisti che il governo ha rivisto le contromisure per rispondere alle ritorsioni della Cina, assicurando che adotterà le necessarie misure dopo aver analizzato le intenzioni e le caratteristiche delle azioni.
Nel frattempo, i politici conservatori hanno condannato la visita in Cina dei parlamentari dell’opposizione, definendola come “diplomazia umiliante” e come un “atto contro la patria.”
L’on Yoo Seong-min, un candidato alla presidenza per il Nuovo Partito Conservatore per la Riforma, ha dichiarato che l’incontro dei sette parlamentari con Beijing è pari al “tradimento.”
“Il sistema THAAD è indispensabile per proteggere la nostra gente. È strettamente legato alla sovranità della Corea del Sud”, ha dichiarato, aggiungendo che la difesa della gente non può essere negoziata con altri paesi.
“Se proseguiamo in questo modo, la Cina continuerà a infrangere la nostra sovranità anche in altri casi”, ha dichiarato Yoo.
Il partito di governo, il Saenuri, ha chiesto alle opposizioni di trovare una soluzione migliore per difendersi dalla minaccia missilistica della Corea del Nord.
Fonte: Korea Herald, http://www.koreatimes.co.kr/www/news/nation/2017/01/116_221486.html
6 gennaio, Memoriale alle “comfort women”: il Giappone richiama gli ambasciatori in Corea del Sud
Venerdì il Giappone ha fatto sapere che richiamerà i suoi ambasciatori in Corea del Sud in merito all’installazione di una statua in ricordo delle donne coreane che furono costrette a lavorare nei bordelli militari giapponesi durante la Seconda Guerra Mondiale. Secondo il Giappone, la statua viola l’accordo stilato per risolvere la questione.
Nel 2015 le due nazioni decisero che la questione delle “comfort women”, che ha minacciato le relazioni tra i due paesi asiatici a lungo, si sarebbe “finalmente e definitivamente” risolta se tutte le condizioni dell’accordo – che includono scuse formali da parte del Giappone e la creazione di un fondo per le vittime – fossero state rispettate.
La statua, che raffigura una giovane donna scalza seduta su una sedia, è stata eretta l’anno scorso a Busan, in Corea del Sud, vicino al consolato giapponese.
Yoshihide Suga, il capo segretario di gabinetto, durante una conferenza stampa ha definito la statua come “estremamente incresciosa” e che il Giappone avrebbe temporaneamente richiamato il suo ambasciatore a Seul, Yasumasa Naagamine, e il console generale a Busan.
Ha anche riferito che il Giappone rimanderà qualsiasi discussione economica di alto livello e sospenderà qualsiasi dialogo su un nuovo “currency swap” con la Corea del Sud.
Riferendosi al “currency swap”, il ministro delle finanze Taro Aso ha dichiarato: “Senza una base di fiducia, non si stabilizzerà.”
Il termine “comfort women” è un eufemismo per ragazze e donne provenienti dalla Corea del Sud, dalla Cina, dalle Filippine e altrove, che sono state forzate a lavorare nei bordelli militari giapponesi durante la guerra. Gli attivisti sud coreani ritengono che ci possano essere state almeno 200.000 vittime coreane.
Il ministero delle finanze coreano venerdì si è detto dispiaciuto nel vedere che l’accordo monetario è stato messo in stallo per motivi politici.
Nel frattempo, il ministro ha fatto sapere che il primo ministro Shinzo Abe e il vice presidente americano Joseph Biden hanno toccato l’argomento durante una chiamata questo venerdì.
Gli Stati Uniti, speranzosi di veder migliorati i rapporti tra i suoi più stretti alleati in Asia per fronteggiare l’avanzare della Cina e le minacce nord coreane, aveva accolto con favore l’accordo del 2015.
Un comunicato ministeriale ha riportato che Biden ha fatto sapere ad Abe che Washington spera che le due nazioni porteranno a compimento l’accordo, che gli Stati Uniti approvano.
Il comunicato aggiunge che Abe ha concordato e ha dichiarato che fare qualsiasi cosa che vada contro l’accordo non è “una mossa costruttiva.”
Fonte: Japan Today https://www.japantoday.com/category/politics/view/japan-recalls-envoys-from-s-korea-over-comfort-woman-statue
7 gennaio, Giappone – Riecheggia il “Trump Shock” dopo il tweet sulla Toyota, la comunità economica giapponese reagisce preoccupata
Dopo un tweet del neo Presidente americano che prende di mira la Toyota, tra i leader economici e politici giapponesi si fa di nuovo sentire il “Trump shock”.
Il tweet del presidente eletto Donald Trump critica i piani di Tokyo di aprire una sede della Toyota in Messico, minacciando il Giappone con ingenti dazi.
Gli osservatori pensavano che, nonostante la posizione di Trump sulle aziende che vogliono spostare le operazioni al di fuori del territorio americano fosse ben chiara prima delle elezioni, le compagnie americane avrebbero assorbito l’impatto se le politiche protezionistiche avrebbero prevalso.
Tuttavia, in risposta all’ultimo tweet di Trump, alcune compagnie ci stanno ripensando considerando una mossa “rischiosa” l’espansione in Messico.
Molte compagnie giapponesi hanno produzioni in Messico così da poter esportare in America senza dazi in accordo con il Trattato Nord Americano sul Libero Scambio.
Alcuni funzionari, tuttavia, hanno mostrato cautela nel reagire ai tweet di Trump e hanno riferito che le compagnie dovrebbero avere pazienza, cercando di spiegare il loro contributo all’economia americana e i vantaggi del libero scambio.
Il tweet di giovedì di Trump è succeduto alle dichiarazioni del presidente della Toyota Akio Toyoda che ha detto che la casa automobilistica non ha piani nell’immediato per riconsiderare la sua produzione in Messico.
In risposta alla minaccia di Trump, la Toyota ha rilasciato un comunicato in cui specificava che “il volume di produzione o di impiego in America non diminuirà” in seguito al nuovo impianto di fabbricazione in Messico annunciato nel 2016.
“La Toyota è pronta a collaborare con l’amministrazione Trump per servire nel miglior interesse dei consumatori e dell’industria automobilistica.”
La Toyota, la più grande casa automobilistica del Giappone, l’anno scorso ha venduto più di 2.44 milioni di macchine in America, salendo al terzo posto nel mercato delle vendite dietro la General Motors e la Ford.
Nel frattempo, il gigante del chimico Asahi Kasei ha fatto sapere che sta rivedendo i propri piani di espandersi in Messico, valutando di aumentare il peso delle loro operazioni in America.
“Stiamo considerando di espanderci in Messico, ma in base a ciò che succederà, espandersi negli Stati Uniti potrebbe essere un’idea migliore”, ha dichiarato il presidente Hideki Kobori.
“Attenderemo la primavera in modo da valutare le politiche della nuova amministrazione americana.”
Trump entrerà in carica dal 20 gennaio.
Yoshimitsu Kobayashi, capo dell’Associazione Giapponese degli Esecutivi Aziendali, pensa che le dichiarazioni protezionistiche del presidente eletto potrebbero far parte di una strategia. “Non dobbiamo accettarle del tutto, ma è vero che sollevano delle preoccupazioni,” ha detto.
Kobayashi ha aggiunto che la Toyota non dovrebbe ciecamente seguire la Ford, che in settimana ha cancellato i suoi piani di aprire una base in Messico, ma avvisa che per le aziende giapponesi al momento sarebbe “rischioso” considerare di avviare delle operazioni nel paese.
“La Toyota ha fatto investimenti e creato lavoro negli Stati Uniti,” ha detto Kobayashi. “Se le informazioni verranno correttamente scambiate, non ci sarà bisogno di cambiare i piani come fatto dalla Ford Motor Co.”
Yuzaburo Mogi, presidente onorario dell’azienda Kikkoman Co. che produce salsa di soia, ha dichiarato che le aziende dovrebbero aspettare “almeno un anno” per capire davvero quali saranno le vere politiche di Trump.
“Non dovremmo essere né troppo ottimisti né troppo pessimisti”, ha detto Mogi. “Non potremo giudicare le sue politiche per almeno un anno.”
“L’unica opzione per gli Stati Uniti di rilanciare l’economia è quella di promuovere il libero scambio,” ha aggiunto Mogi. “Dobbiamo prenderci il tempo di spiegarlo a Mr. Trump”.
L’amministratore delegato della Nissan Motor Co. Carlos Ghosn ha dichiarato che presterà molta attenzione alle politiche sullo scambio di Trump.
“Tutti desideriamo prestare attenzione…a quale sarà la nuova politica, quali saranno le regole, in particolare quelle per gli scambi nel Nord America,” Ghosn ha riferito ai giornalisti a Las Vegas.
Trump ha dichiarato di voler mettere “l’America prima” facendo pressioni sulle aziende affinché mantengano lavoro e produzioni negli Stati Uniti, giurando di rinegoziare il NAFTA, un accordo che gli Stati Uniti hanno stretto con Canada e Messico.
In base al NAFTA, non ci sono dazi imposti sulle macchine costruite in Messico ed esportate in America. In tale contesto, i costruttori d’auto giapponesi, americani ed europei hanno impianti in Messico, inoltre anche i fornitori e altre aziende correlate operano sul territorio.
Ghosn ha fatto intendere che ci vuole pazienza prima dell’insediamento di Trump.
“Nulla è accaduto sin ora”, ha detto Ghosn, aggiungendo che “è d’accordo” con l’intenzione del presidente eletto di creare nuovi posti lavoro.
La Nissan, la seconda casa automobilistica del Giappone, ha grandi impianti esportatori in Messico. Ha iniziato la sua produzione messicana negli anni ’60, seguita dalla Honda Motor Co. nel 1995 e dalla Mazda Motor Co. nel 2014.
Il ministro dell’economia, degli scambi e dell’industria Hiroshige Seko durante una conferenza stampa ha fatto sapere che, nonostante le minacce di Trump, il governo sosterrà le aziende automobilistiche. Ha anche aggiunto che l’industria ha già stabilito un sistema di produzione locale negli Stati Uniti.
“Non penso ci siano piani di muvore le produzioni americane oltreoceano.”
Tuttavia, la minaccia di Trump di adottare dei dazi al 35% sulle importazioni dal Messico, un funzionario di una casa automobilistica ha dichiarato che in caso di un rialzo delle tariffe “si potrebbero rivedere i piani per una nostra produzione (in Messico).”
Il presidente della Honda Takahiro Hachigo concorda e giovedì ha detto ai giornalisti che la compagnia spera di rimanere in Messico “per almeno la continuazione del NAFTA.”
Shigenobu Nagamori, Presidente della Nidec Corp., venerdì ha fatto sapere che non ha intenzione di spostare la produzione dal Messico agli Stati Uniti. Tuttavia, ha aggiunto che la compagnia potrebbe farlo “in qualsiasi momento” visto che ha già delle industrie in America.
Anche altri settori temono Trump.
La JFE Steel, un’unità della JFE Holdings Inc., e il suo partner americano stanno costruendo una fabbrica in Messico per produrre lamiere d’acciaio per automobili.
Il presidente Koji Kakigi in un’intervista ha fatto sapere che la compagnia non ha intenzione di cambiare i piani e inizierà la produzione nel 2019.
Ma ha anche espresso preoccupazione, affermando che le compagnie non sarebbero in grado di ammortizzare i costi che si verrebbero a creare in caso il NAFTA venga rivisto e le compagnie che al momento svolgono le loro attività in Messico, si spostassero negli Stati Uniti.
Altri leader dell’economia giapponese hanno espresso la speranza per un ambiente di scambi aperto sotto l’amministrazione di Trump.
“Chiedo ai leader mondiali di garantire il libero flusso di persone, merci, denaro e informazioni”, ha dichiarato il presidente della Sony Corp. giovedì a Las Vegas dove si trovava per il Consumer Electronics Show.
La Sony esporta in America DVD prodotti in Messico.
“Sarà importante come reagiremo ai suoi specifici piani quando diverrà presidente,” ha aggiunto.
Fonte: Japan Today, http://www.japantimes.co.jp/news/2017/01/07/business/trump-shock-toyota-tweet-reverberates-japan-business-community-reacts-concern/#.WHDsaPnhDIU
8 gennaio, Corea del Sud – 1000 giorni dopo, il “Sewol” è ancora lì. A quasi tre anni dalla tragedia, le famiglie delle vittime e dei dispersi cercano ancora conforto
“Mille giorni o 900, non fa differenza per me. Sono una madre in lutto che continua a rivivere quel giorno, pregando per la vita di mia figlia,” ha detto Lee Geum-hee.
Un nuovo anno è iniziato ma Lee è ancora ferma al giorno di quel disastro, il 16 aprile 2014.
Con lunedì, saranno passati 1000 giorni dal naufragio del traghetto “Sewol” con 304 persone a bordo. Tuttavia, Lee non ha ancora lasciato le banchine del porto di Paengmok, l’area più vicina a quel lembo di mare che si è preso la vita di sua figlia, Cho Eun-hwa.
Cho è una delle nove vittime il cui corpo rimane disperso, insieme a quello di Nam Hyeon-cheol, Park Young-in e Heo Da-yun anche loro studenti del liceo Danwon; gli insegnanti Yang Seung-jin e Go Chang-seok; i cittadini Lee Young-suk, Kwon Jae-geun e il suo bambino di 10 anni Hyeok-gyu.
Delle 304 vittime, 250 erano studenti del Danwon a cui l’equipaggio aveva ordinato di rimanere immobili mentre loro abbandonavano la nave. Fu avviata una commissione civile-governativa per investigare le circostanze dell’incidente, ma l’amministrazione di Park Geun-hye l’ha chiusa a Settembre dopo che non aveva concluso molto.
Un mare di bandiere gialle, una “casella postale per il paradiso” per le vittime, e immagini di coloro dispersi in mare sono il simbolo del senso di perdita e del dolore che l’incidente provoca ancora oggi.
“Le persone dicono che ricorderanno, ma tutto ciò che voglio è ritrovarla (Cho), voglio che la nave venga recuperata. Starò qui finché Eun-hwa non verrà recuperata dal mare,” ha detto Lee, aggiungendo che rimarrà al porto insieme alle famiglie di chi è ancora disperso.
La loro attesa è stata prolungata ancora una volta lo scorso novembre quando il governo ha fatto marcia indietro sulla loro decisione di iniziare i lavori di recupero della nave lo scorso luglio, dicendo che le operazioni cominceranno minimo ad aprile.
“Il presidente e il governo hanno giurato che troveranno ogni singola persona ancora dispersa e la ricondurranno alle loro famiglie. Sono passati 1000 giorni,” ha aggiunto Lee.
C’è una discussione in corso sul metodo migliore per recuperare la nave, mentre a dicembre si sono concluse le operazioni per installare 33 travi di sollevamento con l’idea, eventualmente, di tirare in superficie la nave con dei cavi. Il ministro degli oceani e della pesca ha fatto sapere che il processo per riportare la nave in superficie è completo al 75%, ma probabilmente ci vorrà più tempo a causa delle condizioni meteorologiche.
Non dimenticare mai
Kim Yeon-sil, il cui figlio Jeong Cha-woong è morto quando la nave è affondata, ha detto che le famiglie delle vittime cercano di farsi forza per assicurarsi che uno dei peggiori incidenti navali nella storia della Corea non venga dimenticato.
“Le madri e i padri (degli studenti) stanno facendo tutto quello che possono; alcuni tengono conferenze stampa, altri cercando di scoprire la verità (sull’incidente) e di assicurare il recupero della nave,” ha detto Kim.
“Avevo la sensazione che l’incidente stesse svanendo dai ricordi della gente, ma l’impeachment della presidentessa Park e le proteste (contro il governo) hanno dato un po’ di speranza,” ha aggiunto.
La Park al momento sta subendo un processo per impeachment dovuto allo scandalo sulla corruzione che la vede coinvolta insieme alla sua amica e confidente Choi Soon-sil. Tra le varie accuse, è anche interrogata sulla sua condotta inappropriata durante la tragedia del Sewol.
“(Quel giorno) non stava lavorando. L’essenza (dei sospetti) è il dubbio sul perché non abbia dato istruzioni (in quanto capo di stato) per salvare i bambini, non se stesse davvero ricevendo o meno dei trattamenti cosmetici,” ha detto la Kim.
Tuttavia, con la Park che insistentemente nega qualsiasi negligenza il giorno dell’incidente, e con le indagini ferme, la fatica inizia a farsi sentire.
I genitori hanno così deciso di cambiare metodo di combattimento. Dopo aver sofferto per mesi a causa del dolore e della perdita, le madri e i padri delle vittime hanno radunato le forze per dare vita ad altre attività, come mettere in scena delle opere o cantare nei cori.
“Per poter sostenere i nostri sforzi, dobbiamo uscire da questa tristezza e depressione,” ha detto la Kim.
Aule della Memoria
Una delle misure per assicurarsi che le vittime non venissero dimenticate è stata quella delle “Aule della Memoria”, create per la prima volta nel liceo di Danwon, nella provincia di Gyeonggi. Più tardi, sono state rilocate nell’Ufficio per l’Educazione di Ansan. Le stanze sono state preservate nello stato in cui erano quando venivano usate dai giovani studenti ora deceduti.
Con parole divertenti scritte sui banchi, e memo sui calendari e le lavagne, le aule sembrano quasi risplendere della gioia degli adolescenti – prima che si realizzi che è un memoriale.
“Non ho potuto resistere alle lacrime. Tutti noi quel giorno (in cui è naufragato il traghetto) eravamo completamente sotto shock,” ha detto la trentenne Jeong Gyeo-wun parlando della sua visita alle Aule della Memoria a dicembre. “Credo sia importante mantenere intatte queste aule.”
Post-it e lettere sono state lasciate sui banchi dei ragazzi che allora avevano 17 anni, facendogli gli auguri per aver raggiunto la maggiore età nel 2016 quando avrebbero compiuto 19 anni.
“Mentre cammino tra questi ricordi provo emozioni che non possono essere spiegate a parole,” ha dichiarato Park Jeong-min.
Secondo i dati del Municipio di Ansan e dell’ufficio per l’educazione, dal giorno della tragedia più di 642,025 visitatori hanno porto i loro rispetti agli studenti al memoriale di Danwon. Dalla loro apertura, il 21 novembre, più di 2,300 cittadini hanno visitato le aule dopo che sono state trasferite.
Tuttavia, molti contestano che le aule sono solo una traccia delle vere classi.
Le famiglie delle vittime e le autorità educative di Gyeonggi sono stati ai ferri corti lo scorso agosto per via della rilocazione, poiché i genitori desideravano che le classi rimanessero a Danwon. Le famiglie alla fine hanno ceduto, ma le lamentele rimangono.
“(Le aule che sono state trasferite) sono solo una pretesa, non il vero ambiente in cui gli studenti (deceduti) hanno davvero passato le loro giornate,” ha detto Kim Yeon-sil. “Sembra un posto senz’anima.”
Secondo Kim, queste finte aule mancano di un elemento importante: la sensazione che gli studenti deceduti ci abbiano davvero speso del tempo.”
Alcune delle famiglie degli studenti hanno liberato i banchi dai regali e dai messaggi di auguri mandati dalle persone di tutto il paese.
“Sono davvero riconoscente alle persone che si ricordano dei nostri ragazzi e che sollevano le candele (durante le fiaccolate), ma le invito anche a pensare a quali dovrebbero essere le priorità. Perché nove persone sono ancora considerate disperse nel relitto del Sewol”, ha dichiarato Lee, madre di Cho.
Fonte: Korea Herald, http://www.koreaherald.com/view.php?ud=20170108000163
Featured Image Source: Japan Times (dall’articolo del 3/1)