Rassegna settimanale 24 – 30 ottobre: Africa Subsahariana
24 ottobre – Sudafrica: Fuori dalla Corte penale internazionale
«Il Sudafrica è giunto alla conclusione che i suoi obblighi nei confronti della risoluzione pacifica dei conflitti erano a volte incompatibili con l’interpretazione data dalla Corte penale internazionale», è scritto nella lettera della ministra degli esteri sudafricana, Maite Nkoana-Mashabane. Il Sudafrica rischia di diventare il primo paese africano a ritirarsi dalla Corte penale internazionale (Cpi), addirittura prima del Burundi, il cui parlamento ha approvato il ritiro dalla Corte – approvato e controfirmato dal presidente Pierre Nkurunziza -, ma non l’ha ancora notificarlo ufficialmente all’Onu.
La decisione deriva dalle critiche mosse a Pretoria per non aver eseguito il mandato di arresto nei confronti del presidente sudanese Omar Hassan el-Bashir, accusato di genocidio e di crimini di guerra, in occasione del vertice dell’Unione Africana a Johannesburg del 2015.
Fonte: The Guardian
Niger: Ancora vittime a cusa delle inondazioni
Da giugno, a causa delle inondazioni causate dalle forti piogge soprattutto nelle zone desertiche, almeno 50 persone sono morte e 123mila sono rimaste senza casa in Niger.
Secondo l’ultimo bollettino dell’Ufficio delle Nazioni Unite per il coordinamento degli affari umanitari a Niamey, il maltempo ha causato anche il crollo di 13.875 case. Nel 2015, erano state quasi 103mila le persone colpite dalle inondazioni, che avevano causato decine di morti.
Fonte: UNITAR
Link: http://www.unitar.org/unosat/node/44/2487?utm_source=unosat-unitar&utm_medium=rss&utm_campaign=maps
26 ottobre – Gambia: Via dalla Corte penale internazionale
Anche il Gambia minaccia di abbandonare la Corte penale internazionale e segue il ritiro di Burundi e Sudafrica. La spiegazione starebbe nel fatto che la Corte perseguiterebbe ed offenderebbe le persone di colore e soprattutto gli africani, secondo una propaganda interna.
Fonte: The Guardian
28 ottobre – Unione Africana: A favore di Said e Yarg contro la schiavitù
Due fratelli, di 16 e 13 anni, hanno esposto il loro caso presso un corpo di protezione dei diritti dei minori e stanno testimoniando contro i loro abusatori ed il governo del Mauritania. La loro accusa è quella di esser stati malmenati ripetutamente e di esser stati costretti a lavorare come schiavi in Mauritania. Questo processo rappresenta un tassello decisivo nella lotta per l’abolizione della schiavitù nel Paese, che ha purtroppo ancora percentuali imperdonabili in Mauritania.
I due ragazzi, Said e Yarg Ould Salem, sono diventati schiavi dalla nascita, a causa di un sistema di casta molto rigido che ha messo in ginocchio milioni di vittime nei secoli e che obbliga a trasmettere lo status di schiavitù dalla madre ai propri figli.
Fonte: The Guardian