Okinawa, base militare, Stati Uniti

Okinawa Mondai: 2016, l’anno del cambiamento?

-Alice Germani-

Il conflitto tra il governo centrale giapponese e la prefettura di Okinawa per la rilocazione della base militare statunitense di Futenma ha segnato il ventesimo anniversario dall’accordo, firmato nel 1996, che prevedeva la chiusura della base e il suo trasferimento nella zona settentrionale dell’isola.

A seguito della sanguinosa battaglia durante la Seconda guerra mondiale, la prefettura di Okinawa, che costituisce solo lo 0,6% del territorio nazionale giapponese, si trova a ospitare circa il 74% delle basi militari statunitensi presenti nel Paese. Di queste, la maggioranza è riservata all’utilizzo esclusivo delle autorità americane, che si occupano interamente della gestione del personale e della struttura, spesso contravvenendo alle leggi del Paese ospitante.

La presenza delle basi militari non solo ha influenzato negativamente l’economia locale, determinando una forte forma di dipendenza, ma ha anche compromesso gravemente l’ecosistema naturale dell’arcipelago e la sicurezza degli abitanti.

La presenza di aerei militari comporta un alto livello di inquinamento acustico; i velivoli viaggiano a bassa quota e non rispettano le limitazioni orarie imposte dal governo giapponese. Le esercitazioni militari arrecano numerosi disturbi ai residenti e spesso risultano molto pericolose.

Secondo i dati forniti dalla prefettura di Okinawa, tra il 1972 e il 2010, si sono verificati 506 casi di incidenti aerei tra cui: 43 schianti, 367 atterraggi di emergenza, 96 incidenti e 520 incendi boschivi.[1]

Le attività militari e le quotidiane esercitazioni contribuiscono inoltre al danneggiamento dell’ambiente naturale a causa del rilascio di sostanze tossiche (carburanti, derivati del petrolio, solventi e metalli pesanti) in acqua, terra e aria. Numerosi sono anche i casi di incendio e erosione del suolo.

Non di minore importanza sono i crimini commessi dal personale militare statunitense, in particolare incidenti stradali e crimini violenti. I dati resi noti dall’autorità di polizia di Okinawa riportano un totale di 5.705 crimini per il periodo 1972-2010. I crimini violenti, tra cui omicidio, incendio doloso, stupro e rapina, ammontano a circa 564.[2]

Una delle basi di maggiore rischio è la base area di Futenma, che si sviluppa nel centro della popolata città di Ginowan, incrementando così i rischi connessi all’attività militare.

Lo stupro del 4 settembre 1995 di una ragazza di dodici anni, rapita, picchiata e violentata da tre giovani marines ha sconvolto l’opinione pubblica locale, ridando forza al movimento di protesta locale che richiese a gran voce la chiusura delle strutture militari per porre fine ai maltrattamenti che la popolazione continuava a sopportare sin dall’inizio dell’occupazione americana.

Nel tentativo di porre rimedio all’efferata violenza e salvaguardare la propria immagine, gli Stati Uniti promossero l’istituzione dello Special Action Committeeon Okinawa (SACO). Il comitato avrebbe dovuto presentare delle soluzioni per riorganizzare la presenza militare e limitare gli effetti su Okinawa. Il 12 aprile 1996, il premier giapponese Hashimoto e Walter Mondale, ambasciatore statunitense a Tōkyō, sottoscrissero un accordo relativo all’implementazione delle strategie proposte dal comitato, in particolare quella inerente alla chiusura della base aerea di Futenma.

La chiusura della base e la restituzione del terreno vennero però strettamente legate alla necessità di trasferire le operazioni di Futenma presso una nuova base nella regione settentrionale dell’isola nei pressi di Henoko, distretto della città di Nago.

La proposta diede subito vita a una nuova ondata di proteste. La costruzione di una nuova struttura avrebbe, infatti, significato tradire gli ideali del movimento di opposizione e accettare definitivamente la stabile presenza militare statunitense.

Negli anni successivi il movimento di protesta si rafforzò con la creazione dell’Inochi wo Mamoru Kai 命を守る会 (Associazione per la protezione della vita). Secondo i membri dell’associazione, la costruzione della nuova base avrebbe arrecato gravi conseguenze per il complesso ecosistema naturale della baia di Henoko, habitat del dugongo, mammifero marino in via di estinzione.

Il progetto di rilocazione subì numerose modifiche tecniche, tuttavia, non ottenne mai l’approvazione della popolazione di Okinawa, che, nel dicembre 1997, ricorse anche allo strumento democratico del referendum per esprimere il proprio volere.[3]

Di maggior assertività furono il governo Koizumi (2001-2006) e l’attuale governo Abe (2012- in carica), entrambi desiderosi di rafforzare l’alleanza con gli Stati Uniti e di avviare un graduale processo di normalizzazione del Paese. L’interesse di Koizumi si focalizzò principalmente sulla partecipazione giapponese nella guerra contro il terrorismo internazionale guidata da Washignton, rinviando la questione di Okinawa in virtù del nuovo impegno internazionale.

Le minacce missilistiche della Corea del Nord, la crescita militare cinese e la sua assertività nelle dispute territoriali nel Mar Cinese Orientale e Meridionale riportarono l’attenzione su Okinawa, in particolare, durante il secondo mandato del Primo Ministro Abe. Il premier giapponese più volte dichiarò il suo impegno nella risoluzione della questione di Okinawa, fonte di numerose instabilità nell’alleanza transpacifica.

Non curante del volere della popolazione, Abe diede ufficialmente inizio ai lavori di rilocazione il 1° luglio 2014. Numerose furono le proteste, i raduni e i “sit-in sull’acqua” organizzati dai membri delle associazioni per fermare la costruzione.

L’opposizione di Okinawa emerse nuovamente con forza nelle elezioni regionali del dicembre 2014. Onaga Takeshi riuscì a ottenere circa 360’820 voti, sconfiggendo il suo sfidante, l’uscente governatore Nakaima Hirokazu, che, nonostante il sostegno del governo centrale, ottenne solo 261’076 voti.

Il neoeletto governatore si schierò apertamente contro il progetto di Henoko, promettendo più volte ai suoi elettori:

            “I am determined to stop the base construction using every possible and legitimatemeans.”[4]

La netta opposizione di Onaga risultò un ostacolo alla politica del premier Shinzo Abe, desideroso di realizzare il progetto e soddisfare così il volere di Washington. Di fronte alle continue richieste del governatore di Okinawa di bloccare la costruzione della base, il Primo Ministro giapponese adottò una linea molto dura, rifiutando ulteriori incontri con il governatore e riducendo del dieci percento i fondi annuali stanziati dal governo centrale per lo sviluppo economico della prefettura.

Onaga non si lasciò scoraggiare dalle dichiarazione di Abe e rispose con fermezza alla sua chiusura politica con la minaccia di annullare l’approvazione all’uso dei terreni, precedentemente concessa dall’ex governatore Nakaima nel dicembre 2013. Per il governo centrale, perdere il permesso garantito da Nakaima significava di fatto perdere la base legale necessaria per effettuare i lavori di costruzione.

Le dichiarazioni dei due leader hanno dato vita a una vera e propria guerra politica, dove la possibilità di trovare un compresso risulta ancora molto lontana, dal momento che entrambi sono fermamente ancorati alle proprie posizioni.

Nel luglio 2015, Onaga ha istituto una Third Party Experts Commission nel tentativo di sbloccare la situazione. La Commissione, costituita da tre esperti di scienze naturali e tre consulenti legali, venne incaricata da Onaga di esaminare tutti gli aspetti relativi al progetto di rilocazione a Henoko.[5]

In seguito a lunghi mesi di studio e di ricerca, il rapporto della Commissione del 16 luglio 2015 ha evidenziato delle irregolarità nel processo legale di approvazione dell’uso delle zone costiere di Henoko e Oura da parte di Nakaima. Secondo la Commissione, infatti, tale approvazione può essere concessa solo se la tutela ambientale viene garantita con test scientifici, ai sensi dell’articolo 4, comma 1 e 2 della Public Water Reclamation Law. Procedimento che non era stato seguito da Nakaima.[6]

Il rapporto garantì a Onaga il pieno diritto di revocare l’approvazione all’uso dei terreni. Tuttavia, durante il periodo estivo, nonostante le continue proteste, il governatore si riservò di riflettere ulteriormente sulla questione, cercando di riaprire il dialogo con il Gabinetto ministeriale prima di confermare la revoca. Allo stesso tempo, Onaga cercò di dar voce alla questione di Okinawa a livello internazionale, partecipando all’ Assemblea delle Nazioni Unite sui diritti umani, tenutasi a Ginevra il 21 settembre 2015.

Il governatore ricercò l’aiuto della comunità internazionale, dichiarando la presenza militare statunitense a Okinawa una chiara violazione del diritto all’autodeterminazione e dei diritti umani fondamentali.

     “Our right to self-determination and human rights have been neglected. Can a country serve values    such as freedom, equality, human rights, and democracy with other nations when that country cannot guarantee those values for its own people?”[7]

Nonostante i numerosi tentativi di Onaga di convincere il governo centrale a rinunciare alla costruzione della nuova base militare a Henoko, Abe rimane oggi ancora fiducioso nella realizzazione del progetto, dichiarato di vitale importanza per garantire la continuazione dell’alleanza con Washington.

Il 13 ottobre 2015, durante una conferenza stampa, il governatore Onaga ha notificato al governo centrare l’effettiva revoca del permesso all’uso dei terreni e alla costruzione tramite interramento. Immediata fu la reazione di Abe, che, con dure parole, ha condannato la scelta politica del governatore di Okinawa.

    “Governor Onaga’s revocation of approval of the landfill is illegal, and itwill significantly harm the      public interest because the purpose of the relocation is to remove risks.”[8]

Tuttavia, perdendo la base legale, il governo è stato costretto a fermare temporaneamente i lavori.

La revoca del permesso ha dato vita a una vera e propria battaglia legale, ancor oggi in corso. Mai nella storia giapponese si era assistito a un confronto giuridico di questa portata tra il governo centrale e il governo di una prefettura.

Il 14 ottobre 2015, l’Okinawa Defense Bureau (sezione locale del Ministero della Difesa giapponese) ha prontamente presentato un ricorso presso il MLITT (Ministry of Land, Infrastructure, Transport and Tourism), chiedendo la revoca della decisione di Onaga sulla base dell’Administrative Appeal Act.

L’esito della consultazione risultò scontato, dato che entrambe le istituzioni sono parte del governo centrale. Dopo pochi giorni, infatti, il Ministro Ishii Keiichi ha garantito la richiesta del Ministro della Difesa. La revoca di Onaga è definita un ostacolo al proseguimento dei lavori di rilocazione e una possibile causa del peggioramento della relazione con gli Stati Uniti. Tra il 27 ottobre e il 6 novembre 2015, il MLITT ha emanato rispettivamente una raccomandazione e un ordine di annullamento della precedente revoca del permesso.

Le autorità del governo centrale, rafforzate dal giudizio del MLITT, hanno dichiarato nuovamente la completa regolarità del processo di rilascio del permesso seguito da Nakaima, definendo, invece, illegittime le azioni di Onaga. Secondo il governo, queste eccedevano i poteri conferiti al governatore e, dal momento che la questione delle basi militare è di interesse nazionale, doveva essere considerata di esclusiva competenza delle autorità centrali.

Il 29 ottobre 2015, il governo, a seguito dell’accordo tra Suga Yoshihide (Segretario del Gabinetto), Kishida Fumio (Ministro della Difesa), Nakatani Gen (Ministro degli Affari Esteri) e Shimajiri Aiko (Ministro per la Prefettura di Okinawa), hanno annunciato l’ufficiale ripresa dei lavori di costruzione.

Al fine di contrastare le proteste derivanti da questa decisione, la polizia metropolitana di Tōkyō ha ricevuto l’ordine di inviare a Okinawa una squadra di cento uomini per contenere le manifestazioni di protesta al di fuori delle principali basi militari.[9]

       “The director of the ODB and the Land Minister are selectively using their titles according to their convenience. The national government has installed many riot police officers from Tokyo Metropolitan Police Department at Henoko. They are trying to force the relocation project by their bare knuckles. The government should not just say perfunctory words but perform its duty and give clear explanations to citizens.”[10]

Nello stesso mese, il governo centrale aveva inoltre convocato a Tōkyō i rappresentati dei distretti coinvolti nella questione della rilocazione: Henoko, Kushi e Toyohara. Per ottenere l’appoggio delle autorità locali, il governo ha promesso una compensazione economica di circa tredici milioni di yen.

Onaga, sconcertato dalle azioni governative, ha continuato a sostenere la sua opposizione, ignorando le direttive emesse dal MLITT. Il 17 novembre 2015, Onaga venne citato dal governo centrale presso la Corte Suprema per ottenere la definitiva revoca della sua precedente decisione.

Questi eventi ricordano lo storico processo, iniziato nel dicembre 1995, che coinvolse l’allora governatore di Okinawa Ōta Mashide. Il governatore venne citato a giudizio dal governo centrale dal momento che si era rifiutato di garantire la concessione dei contratti di affitto dei terreni su cui sorgevano le basi militari. Nella sentenza finale del 28 agosto 1996, Ōta venne obbligato dalla Corte Suprema a sottoscrivere questi contratti, mettendo così in discussione l’effettiva oggettività del sistema legale giapponese.

Nel tentativo di non rimanere vittima del sistema legale come il suo predecessore e di opporsi alla decisione del MLITT, il 2 novembre 2015, Onaga ha deciso di esporre un reclamo formale presso il Council for Resolving Disputes Between Central Government and Local Government, organo terzo adibito alla risoluzione delle dispute tra il governo locale e centrale. Il governatore ha richiesto il riesame delle azione governative, mettendone in dubbio la correttezza e legalità. Onaga ha messo in evidenza diverse irregolarità nella condotta governativa.

In primo luogo, il ricorso all’Administrative Appeal Act risulta illecito dal momento che la legge permette solamente ai privati cittadini il ricorso legale per azioni governative ritenute ingiustificate o illegali. Il Ministro della Difesa, in quanto organo statale, è escluso dalla categoria di ricorrenti. Secondo le parole di Onaga,il governo, invece, ha interpretato arbitrariamente le condizioni imposte dalla legge e si è definito come ippanshijin to doyo一般私人とどよ(proprio come un privato).[11]

In secondo luogo, l’assertività del governo giapponese è considerata come una privazione dei poteri delle autorità della prefettura garantiti dalla Costituzione e dal Local Government Act. La risolutezza del governo di non considerare la volontà della popolazione di Okinawa viene presentata come una grave violazione dei diritti umani e del diritto all’autodeterminazione, ricordando, secondo il governatore Onaga, i tragici eventi legati all’espropriazione forzata delle terre nel secondo dopoguerra.

        “[…] reminded us of the forcible expropriation of land for the construction of U.S. bases by bayonet and bulldozers that was carried out by the U.S. occupation forces.”[12]

Infine, la promessa di una compensazione finanziaria viene presentata dal governatore di Okinawa come un tentativo illegale e non democratico di ottenere il consenso e placare così l’opposizione della popolazione.

Dopo diverse settimane di attesa, il 24 dicembre 2015, la Commissione ha presento la sua riflessione finale, dichiarando che il reclamo esposto dal governatore di Okinawa non ricadeva nella sua competenza di giudizio. Se Onaga decidesse di contestare la decisione della Commissione entro il periodo di tempo di trenta giorni previsto dalla legge, i processi che coinvolgono la prefettura di Okinawa e il governo centrale salirebbero a tre.

La volontà di Onaga sembra essere indirizzata proprio verso questo proposito. Nel suo discorso di apertura dell’anno 2016, tenuto il 5 gennaio a Okinawa, il governatore ha dichiarato la necessità di rinforzare il movimento dell’opposizione, mettendo in evidenza le violazioni perpetrate dal governo sulla libertà, l’uguaglianza e sui diritti umani garanti dalla Costituzione. Grande importanza è stata posta anche sulla mancanza di democrazia e autonomia locale.[13]

L’anno 2016 rappresenta un momento di grande importanza per la questione di Okinawa. Se da una parte, il governatore sta cercando di rinsaldare il movimento di protesta, dall’altra gli equilibri potrebbero essere sconvolti dalle elezioni previste durante l’anno. Gli elettori di Okinawa si recheranno alle urne per eleggere il sindaco della città di Ginowan (che ospita la base di Futenma) nel mese di gennaio, a giugno verranno invece eletti i rappresentanti dell’Assemblea della Prefettura di Okinawa ed infine nel mese di luglio tutta la popolazione giapponese verrà chiamata al voto dei rappresentanti della Camera Alta.[14]

Le elezioni del 24 gennaio 2016 hanno visto il confronto fra Sakima Atsushi e Shimura Keiichiro per la carica di sindaco di Ginowan. Per assicurare il regolare svolgimento delle elezioni, il governo centrale ha garantito l’arresto dei lavori di costruzione per un periodo di tempo di quattro settimane. I due candidati sono portavoce di due visioni opposte della questione della rilocazione della base di Futenma, tuttavia, le loro posizioni non vengono mai rese esplicite durante l’intera campagna elettorale.

Sakima, sindaco uscente, è sostenuto dal LDP di Abe e dal Komeito, tuttavia si è dimostrato piuttosto vago in relazione alla costruzione della nuova base a Henoko. Il candidato ha promesso, infatti, il suo più totale impegno per la rilocazione di Futenma, non facendo però alcun accenno al progetto di Henoko. Grande enfasi è stata posta invece sulla promozione economica e al sostegno finanziario delle famiglie con bambini.[15]

Allo scopo di ottenere una vittoria sicura e ridurre notevolmente l’opposizione al governo centrale, il Primo Ministro ha promesso un aumento del budget annuale destinato alla prefettura e la costruzione di un resort Disney in sostituzione della base aerea, rassicurando la popolazione con la creazione di posti di lavoro sostitutivi.

Lo sfidante Shimura Keiichiro è invece sostenuto dal governatore Onaga, dal Partito comunista, dal Partito socialista e dalla maggioranza dell’Assemblea della prefettura di Okinawa. La posizione di Shimura nei confronti del progetto di rilocazione di Futenma è più chiara, dichiarandosi contrario a un trasferimento all’interno dell’isola di Okinawa.

La vittoria di Sakima con un totale di 27’668 contro i 21’811 voti ottenuti da Shimura riporta nuova speranza al governo di poter risolvere la questione a proprio favore. Tuttavia, la nomina di Sakima non significa che il popolo di Okinawa sia a favore della costruzione della nuova base a Henoko. Sakima, infatti, non ha ancora chiarito la sua posizione né sulla rilocazione né sulla scelta di Henoko.[16]

Secondo un sondaggio del quotidiano Asahi Shinbun, circa il 57% della popolazione di Okinawa è contrario alla rilocazione della base all’interno della prefettura.[17]

Il governatore Onaga ha espresso un forte rammarico per le sorti delle elezioni, dichiarando la vittoria di Sakima un duro colpo per il movimento di opposizione. Di vitale importanza risultano così le elezioni, previste per il mese di giugno, dei rappresentanti dell’Assemblea della Prefettura di Okinawa. Ad oggi, ventuno dei ventisette seggi sono a favore dell’opposizione guidata dal governatore di Okinawa. La speranza di Abe è però quella di ribaltare la situazione e creare una maggioranza a favore del progetto di rilocazione, indebolendo così ulteriormente le forze di opposizione.

Sono passati vent’anni dalla firma dell’accordo per il trasferimento della base di Futenma, tuttavia, la questione rimane ancora irrisolta. Numerosi sono stati i tentativi del governo giapponese di piegare l’opposizione di Okinawa, ma fino ad oggi nessun leader politico è riuscito in questo intento. Nonostante gli ultimi eventi stiano favorendo la politica assertiva del premier giapponese, si è ancora lontani dal porre fine all’ Okinawa Mondai.

Il problema di Okinawa permette di riflettere inoltre in modo più ampio sullo status dell’alleanza tra Giappone e Stati Uniti.

Il Primo Ministro Abe ha più volte dichiarato la necessità di completare il progetto di rilocazione per non deludere le aspettative dell’alleato e non incrinare lo stabile rapporto di alleanza tra le due potenze. Gli Stati Uniti hanno espresso un netto rifiuto alla possibilità di ridurre le forze di stanza in Giappone, dal momento che il potere di deterrenza e di risposta armata in caso di attacco nemico verrebbe sensibilmente ridotto, sostenendo con forza il progetto di rilocazione. Tuttavia, non stanno in alcun modo favorendo il trasferimento della base di Futenma, dichiarandola una questione interna di competenza esclusiva del governo giapponese.

È lecito domandarsi se questa alleanza sia davvero efficace e se le instabilità regionali siano così gravi. È davvero necessario per il Giappone seguire le condizioni dell’alleato, occuparsi ogni anno di più del settanta percento delle spese necessarie al mantenimento delle basi e dei soldati americani, creando così forti contrasti interni?

Henoko è davvero l’unica soluzione possibile? Ovviamente no. Molti studiosi hanno definito soluzioni innovative per garantire il potere di deterrenza delle forze americane. Si ricorda a questo proposito la proposta del Professor Terashima Jitsuro. Nel suo saggio “La politica estera nella visione di Jitsuro Terashima”, lo studioso propone l’implementazione della “over-the-horizon policy”. Questa strategia consiste nell’impiego di forze di rapido spiegamento, localizzate “al di là dell’orizzonte” e schierate rapidamente in caso di emergenza.[18]

Terashima propone un graduale trasferimento delle forze militari di stanza in Giappone e il conseguente stanziamento delle truppe a Guam o nelle Hawaii, riducendo in questo modo gli oneri sostenuti dallo stato giapponese e in particolare da Okinawa.

Secondo lo studioso, il progetto non inciderebbe negativamente sulle capacità statunitensi in Asia e sul mantenimento degli equilibri di sicurezza regionali.

Inoltre, la struttura militare di Futenma potrebbe essere trasferita in altre prefetture del Giappone, tuttavia, nessuna autorità locale si è mostrata favorevole a questa ipotesi. Per il governo centrale, così come nel passato, risulta più conveniente sacrificare Okinawa e limitare così la presenza militare nell’arcipelago principale.

La resistenza di Okinawa non è solo un’opposizione alla presenza militare statunitense, ma è anche una battaglia per le innumerevoli violazioni dei diritti fondamentali garantiti dalla comunità internazionale. Uguaglianza, libertà, diritti umani e autodeterminazione spesso sono considerati principi di scontata applicazione in un Paese moderno e democratico come il Giappone. Tuttavia, la delicata situazione politica di Okinawa dimostra il contrario.

Il governo Abe si è dimostrato assertivo e senza scrupoli nella sua volontà di imporre la costruzione di una nuova base militare a Henoko. Il governo centrale ha ignorato la voce della popolazione di Okinawa e non si è impegnato nella creazione di un canale di dialogo e negoziazione per raggiungere una soluzione di compromesso. La risposta del Primo Ministro è sempre stata assertiva. Di fronte ai continui reclami di Onaga, Abe ha adottato una linea dura, portando per la prima volta la questione davanti al giudizio della Corte Suprema. Allo stesso modo, per contenere le proteste al di fuori delle principali basi militari, il premier ha abbandonato soluzioni diplomatiche in favore dello stanziamento di una squadra antisommossa di polizia.

La linea politica del governo pone in forte dubbio l’effettiva adozione di principi democratici, il rispetto dei diritti umani e del diritto all’autodeterminazione, garantiti dalla Costituzione. A rischio è anche l’autonomia dei governi locali, garantita a livello costituzionale. Si teme che una risposta assertiva del governo possa scaturire per un’eventuale forma di disaccordo tra governo centrale e una qualsiasi prefettura giapponese, così come sta accadendo per la prefettura di Okinawa.

Come risolvere la questione di Okinawa? Finora nessuno è riuscito a trovare una soluzione concreta. Tuttavia, credo che la chiave per risolvere questo problema risieda in una maggiore disponibilità al dialogo, alla cooperazione e all’ascolto. Le parti coinvolte riusciranno così a raggiungere un accordo in grado di soddisfare sia i desideri delle alte sfere politiche, sia le speranze di una popolazione che da più di sessanta anni rivendica il ritorno agli antichi ideali di pacifismo e accoglienza.

[1]http://www.pref.okinawa.jp/site/chijiko/kichitai/documents/2011.6%20eng.pdf

[2]http://www.pref.okinawa.jp/site/chijiko/kichitai/documents/2011.6%20eng.pdf

[3] Il 21 dicembre 1997, venne tenuto un referendum presso la municipalità di Nago. Il 52,8% degli abitanti si oppose alla costruzione della nuova struttura militare. I dati sono presentati nel libro di Inoue Masamichi, Okinawa and the US Military. Identity Making in the Age of Globalization, New York, Columbia University Press, 2007.

[4]Ryūkyū Shimpo, 3 novembre 2015.

[5]Igarashi Takayoshi, tradotto da Sandi Aritza, “Reclamation, Licensing, and the Law: Japan’s Courts Take Up the Henoko Base Issue”, The Asia-Pacific Journal, Vol. 14, Issue 1, No. 2, 1 gennaio 2016.

[6] Hideki Yoshikawa, “Urgent Situation at Okinawa’s Henoko and Oura Bay: Base Construction Started on Camp Schwab”, The Asia-Pacific Journal: Japan Focus, 8 luglio 2014.

[7] Mio Yamada, “The Battle for Okinawa: The Forgotten Island Has Its Say”, U.S. Foreign Policy, 20 gennaio 2016.

[8]Ryūkyū Shimpo, 28 ottobre2015.

[9]Ashitomi Hiroshi, “Urgent Okinawan Appeal for Help”,The Asia-Pacific Journal: Japan Focus, 14 ottobre 2015.

[10]Ryūkyū Shimpo, 7 novembre 2015.

[11]Ashitomi Hiroshi, ibidem.

[12]Ryūkyū Shimpo, 17 novembre 2015.

[13]Asahi Shinbun, 5 gennaio 2016.

[14]Gavan McCormack, “Battle Stations – Okinawa in 2016”, The Asia-Pacific Journal, Vol. 14, Issue 2, No. 1, Jan. 18, 2015.

[15]Ryūkyū Shimpo, 24 gennaio 2016.

[16]Asahi Shinbun, 25 gennaio 2016.

[17] I dati fanno riferimento a un sondaggio condotto dal quotidiano Asahi Shinbun, i cui risultati sono stati pubblicati nell’edizione del 26 gennaio 2016. Il 34% degli intervistati si è dimostrato a favore della rilocazione della base a Okinawa, mentre la maggioranza del 57% si è opposta.

[18]Jitsuro Terashima, “La politica estera giapponese nella visione di Jitsuro Terashima”, Eurasia Rivista di Studi Geopolitici, 15 novembre, 2010.

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