L’educazione occidentale è peccato: origini e storia del gruppo Boko Haram

L’educazione occidentale è peccato: origini e storia del gruppo Boko Haram

-Arianna Miorandi &  Federica Galvani

Il 14 aprile più di duecento studentesse sono state sequestrate dalla Chibok high school nello stato del Borno, in Nigeria. Poco dopo il rapimento è stato rivendicato dal gruppo Boko Haram.
Il sequestro delle giovani ragazze ha accesso i riflettori della comunità internazionale su questo gruppo fino al momento sconosciuto. La violenza dei Boko Haram ha invaso le testate giornalistiche, le televisioni, i social media e i dibattiti internazionali.

Quali sono le origini e la storia di questo gruppo?

Il movimento Jama’atu Ahlus-Sunnah Lidda’Awati Wal Jihad, noto nel mondo come Boko Haram, è stato fondato nel 2002 dall’imam Mohammed Yusuf.

Le origini di Boko Haram vanno ricercate nella povertà e nella mancanza di sviluppo delle regioni settentrionali nigeriane durante l’epoca coloniale e nell’influenza occidentale inglese di quel periodo, che ha sancito forti divisioni fra la popolazione.

Il gruppo fonda la sua forza sull’idea che la Nigeria sia governata da un gruppo di falsi e corrotti musulmani e per questo debba essere intrapresa una guerra per liberare il Paese e ripristinare un “islam puro”.

La debolezza dei servizi di sicurezza nigeriani ha facilitato negli ultimi anni la crescita del movimento all’interno della struttura sociale del Paese africano.

Il gruppo Boko Haram ha trovato terreno fertile nel diffuso sentimento di alienazione nei confronti del governo centrale, nella povertà estrema in cui versa la gran parte dei nigeriani, con maggiore incidenza proprio nei territori settentrionali e nella difficoltà per la popolazione, specie quella femminile, di avere accesso all’educazione scolastica; le azioni terroristiche hanno preso di mira soprattutto scuole e istituti universitari per spargere il terrore innanzitutto sui ragazze e sulle ragazzi, il tutto tenendo presente i livelli drammatici di scolarizzazione, laddove nel Nord della Nigeria il tasso di istruzione femminile raggiunge a malapena il 5%.

Il periodo coloniale

La Nigeria è stata creata nel 1914 da un’unione delle regioni del Nord con quelle del Sud da parte delle autorità coloniali britanniche.

Governatore generale del Paese divenne lord Frederik Lugard, che vi applicò il sistema dell’indirect rule, mantenendo a livello locale le strutture amministrative indigene ma sovrapponendovi l’autorità di un governo coloniale che deliberava in ambito nazionale.
Le regioni del Nord sono abitate dai gruppi etnici Hausa e Fulani, prevalentemente islamici, e quelle del Sud dai gruppi etnici Yoruba e Igbo, cristiani e animisti.
Se il Sud è formato da una pluralità di etnie, lingue, religioni e organizzazioni politiche, il Nord è sempre stato unito dall’Islam.
L’arrivo degli occidentali in questa area, da sempre molto omogenea, ha creato una spaccatura nel tessuto sociale: da un lato i cosiddetti “civilizzati” che si sono avvicinati alla cultura dei colonialisti, ovvero l’élite usata dagli inglesi come agenti della colonizzazione, dall’altro lato la gran parte della popolazione, che ha resistito o non è stata raggiunta dall’influenza occidentale nella regione.
Gli inglesi hanno sfruttato, principalmente, l’élite Hausa (commercianti, scrivani e impiegati) per colonizzare la regione, aggravando la distanza con il resto della popolazione.

Oltre all’influenza occidentale nel governo e nell’amministrazione, le etnie locali hanno temuto per la diffusione del cristianesimo nella Nigeria del nord da sempre dominata dall’Islam, anche successivamente all’indipendenza dal dominio coloniale raggiunta nel 1960.

L’insoddisfazione nei confronti delle autorità britanniche durante gli anni del colonialismo ha portato all’emergere di fondamentalisti islamici in questa parte del Paese. Il più importante era Mohammed Marwa, un predicatore radicale conosciuto anche come Maitatsine (“colui che impreca”), famoso per le sue azioni violente negli anni ’70 e ’80. Marwa era contrario all’influenza occidentale, alla tecnologia ma anche agli insegnanti musulmani tradizionali.
Alcuni analisti sostengono che Boko Haram trovi le sue origini proprio durante le rivolte di Maitatsine.

Breve storia del gruppo

Mohammed Yusuf ha fondato Boko Haram decidendo di sfruttare l’indignazione pubblica verso la corruzione del governo, collegandola all’influenza occidentale nella governance delle istituzioni pubbliche.

Yusuf era affascinato dall’idea di distruggere l’ordine sociale, politico e religioso per crearne uno nuovo in cui i miserabili avrebbero ereditato la terra[1].
Eric Guttschuss, ricercatore presso l’Human Rights Watch, sostiene che Yusuf abbia attratto seguaci con successo “dichiarandosi contrario alla polizia e alla corruzione politica”, erigendosi a difensore degli interessi dell’alto numero di giovani disoccupati che così l’hanno seguito. Per Guttschuss la nascita di Boko Haram è fortemente legata proprio alla corruzione e alla debole governance[2].

Il gruppo è stato fondato nel 2002 a seguito di uno scontro tra gli insegnamenti islamici moderati di Sheikh Jafaar Adam della moschea Mahammadu Ndimi, nello stato nord-orientale di Maiduguri, e l’interpretazione più militante del Corano del suo discepolo, Mohammed Yusuf.

Yusuf immaginava la creazione di un nuovo ordine a livello locale poi a livello federale e per questa sua visione estremista fu espulso dalla moschea Ndimi. Yusuf decise, quindi, di costruire una moschea nella Nigeria nord orientale che fungesse da magnete per gli scolari delle elementari e delle medie che, per ricevere i suoi insegnamenti, sarebbero stati disposti ad abbandonare le scuole occidentalizzate, viste come peccato.

Boko Haram, infatti, significa l’educazione occidentale (Boko) è peccato (Haram) in lingua hausa. Ideologicamente Boko Haram non si oppone solo all’educazione occidentale ma anche alla cultura occidentale e alla scienza.
L’obiettivo di Boko Haram è quello di applicare la legge della Sharia in tutto il Paese attraverso rapimenti, attacchi violenti alle chiese e scuole e ai simboli del governo federale, come le stazioni di polizia.
Il suo interesse, infatti, non è solo educativo ma anche politico: creare uno stato islamico dove la scuola diventa un campo di reclutamento di militanti islamici pronti a combattere contro lo stato attuale.

Per  raggiungere questi obiettivi politici negli anni ha indirizzato diversi attacchi allo stato nigeriano.

Il terrorismo contro lo stato nigeriano

Il nome Boko Haram è rimasto, tuttavia, nell’ombra fino al 2009, quando la violenta repressione dell’esercito nigeriano ha dato il via a una serie di attacchi diretti principalmente contro obiettivi governativi e in particolare nei confronti della polizia locale; nel 2009 le forze di sicurezza nigeriane assaltarono la sede centrale del gruppo, costringendo gran parte dei militanti a fuggire, e  uccisero il leader carismatico di Yusuf. Il suo corpo fu mostrato in tv e le forze di sicurezza dichiararono finita l’esistenza stessa del movimento; i suoi discepoli, tuttavia, hanno portato avanti le attività del gruppo.

Sebbene il modus operandi del gruppo sia cambiato nel corso degli anni, l’idea originaria del 2002 non è stata modificata. Come Mohammed Yusuf, gli attuali leader del movimento mirano a creare un’organizzazione statale, prima a livello locale, poi a livello federale.

La vera svolta è iniziata nel 2010 dopo le elezioni presidenziali che portarono, il 6 maggio, alla vittoria di Jonathan Goodluck, un cristiano del sud, eletto Presidente della Repubblica della Nigeria. Dopo quella data, l’attività dei Boko Haram si è intensificata.

Nel settembre 2010 i membri di Boko Haram assaltarono una prigione della regione del Bauchi e liberarono più di 700 detenuti. Nello stato del Borno uccisero più di 800 persone, molte delle quali parenti e familiari di autorità del governo.

Nel giugno 2011 attaccarono la sede centrale della polizia di Abuja, con l’obiettivo di colpire Hafiz Ringim, capo della polizia. Un mese più tardi, colpirono una chiesa cristiana a Suleja e il giorno dopo l’università di Maiduguri fu chiusa per motivi di sicurezza. Nell’agosto dello stesso anno bombardarono la sede dell’ONU a Abuja.

A fine del 2011 Boko Haram annunciò pubblicamente che gli attacchi terroristici erano finalizzati a minare l’autorità del governo nigeriano. Si calcola che siano state almeno cinquecento le persone uccise dal gruppo musulmano soltanto nel 2011.

La violenza delle azioni di Boko Haram crebbe, tuttavia, di intensità nel 2012: le festività cristiane sono sempre più prese di mira, come avverrà il giorno di Pasqua a Kaduna ai danni dei fedeli in una chiesa; in quello stesso giorno una serie di esplosioni colpì il quotidiano ThisDay e alcuni uffici di compagnie telefoniche.

Nei primi mesi del 2013 il gruppo ha preso il controllo dei governi locali di Marte, Mobbar, Gubio, Guzamala, Abadam, Kukawa, Kala-Balge e Gamboru Ngala nello stato del Borno, cacciando le autorità locali, prendendo il controllo dei palazzi del governo e imponendo la legge della Sharia.

Nel mese di maggio del 2013 il presidente Jonathan Goodluck decise di intervenire in modo determinato per reprimere le azioni di Boko Haram, dando il via all’operazione Restore Order nelle regioni dove sono presenti i ‘santuari’ del gruppo terroristico, cioè i tre Stati nord-orientali di Borno, Adamawa e Yobe. Nel contempo è stato dichiarato lo stato di emergenza e sono state bloccate tutte le comunicazioni via cellulari nel Borno e nello Yobe al fine di impedire le comunicazioni tra le cellule dei terroristi. In passato si era, invece, preferito triangolare le chiamate tra i telefoni cellulari per cercare di capire in anticipo dove avrebbero colpito i membri di Boko Haram e tentare di conoscerne meglio le modalità operative. I tre stati oggetto di Restore Order confinano con il Niger, il Cameroun e il Ciad e hanno una estensione pari a tutta la Gran Bretagna.

Tuttavia, l’operazione ordinata dal Presidente Goodluck non ha fermato la violenza dei Boko Haram.

Nel febbraio dello scorso anno venne rapita una famiglia francese che si trovava in Cameroun nei pressi del confine con lo stato nigeriano del Borno; a maggio la città di Bama è stata la tragica protagonista di un violentissimo scontro armato.

Gli assalti si sono susseguiti sia contro le chiese cristiane sia anche contro le moschee, come nello scorso agosto quando i militanti Boko Haram provocarono 82 morti in due moschee. Un nuovo rapimento di un cittadino francese è avvenuto il 13 novembre del 2013 ai danni del prete Georges Vandenbeusch, azione che si è svolta come la precedente nelle zone di confine con il Camerun, che si conferma come un’ ulteriore area di azione per Boko Haram.

E’, tuttavia, nel 2014 che si accesero i riflettori delle comunità internazionale sulle attività di Boko Haram, quando il 14 aprile furono rapite 276 liceali a Chibok, nello stato di Borno a maggioranza cattolica. Alcune sono riuscite a fuggire mentre nelle mani degli estremisti restano ancora 220 ragazze.

Dopo due settimane di silenzio del governo nigeriano e dei media internazionali, è iniziata una campagna mondiale per chiedere la liberazione delle ragazze, che ha visto schierata anche Michelle Obama.

Secondo gli analisti statunitensi, i Boko Haram non sono soltanto più un’organizzazione locale ma hanno già stabilito legami con altri gruppi qaedisti che operano in Africa, entrando a far parte di una vera e propria rete del terrore con cellule sparse in tutto il Continente.

Le fonti di intelligence occidentali hanno dichiarato che sono sempre più evidenti i legami tra Boko Haram e il gruppo jihadista di AQIM (Al-Queida nel Maghreb), gruppo che si è recentemente macchiato dell’omicidio dei due reporter francesi di RFI. I primi contatti risalgono al 2010 secondo quanto ha riferito il leader di AQIM Abdelmalek Droukdel, che ha ammesso di aver fornito assistenza, addestramento e armi a Boko Haram. Sembra, inoltre, accertato che nel corso del 2013 un gruppo di miliziani di Boko Haram siano stati inviati in Mali per addestrarsi. Nello scorso maggio è emerso un possibile legame tra Boko Haram ed Hezbollah, quando è stato rinvenuto un rilevante arsenale che l’intelligence nigeriana ha dichiarato che fosse destinato ad Hezbollah, il gruppo sciita che di fatto governa il sud del Libano alleato dell’Iran e che sta combattendo a fianco delle forze di Assad in Siria.

Dal rapimento del 14 aprile, il gruppo armato ha intensificato gli attacchi in Nigeria, moltiplicando massacri di civili, attentati sanguinosi e rapimenti.

Nel mese di luglio una donna kamikaze a Kano, vicino a una delle università, si è fatta esplodere ferendo cinque persone. L’attentatrice aveva nascosto l’ordigno sotto il suo hijab; è stata bloccata dalle forze dell’ordine all’ingresso dell’università. Nello stesso mese i terroristi di Boko Haram hanno rapito decine di persone fra le comunità di pescatori nel nord-est della Nigeria. La domenica dei cristiani si tinge spesso con il sangue con attacchi alle chiese e luoghi di culto.

Uno dei più recenti rapimenti riguarda la moglie del vicepremier camerunense Amadou Ali: la donna si aggiunge alle oltre 200 ragazze tenute in ostaggio dal 14 aprile scorso.

Le violenze sembrano, dunque, lontano dal cessare, anzi hanno trovato nuovo terreno fertile in un Paese dove la gran parte dei 168 milioni di persone vive con meno di un dollaro al giorno, nonostante quella nigeriana sia la più grande economia dell’Africa grazie alla produzione di petrolio che arricchisce, tuttavia, le multinazionali occidentali e i funzionari corrotti.

[1] Fonte: Umar Mamodu (studioso della storia di Boko Haram), “Boko Haram- The beginning” Lagos (2011)

[2] IRIN News, “Analysis: Understanding Nigeria’s Boko Haram radicals”, IRIN News, Nairobi, 18 luglio 2011.

(Photo Source: Wikimedia)